Discommenti (giugno 2023)

Autobot-1000

Autobot-1000 – 3 Dimensions Of Space (Inherent Futurism)
Finalmente qualcuno si è preso la briga di solcare questo album pubblicato nel 2001 dall’americana Hoodwink Records solo in formato CD. Si tratta di un disco scritto e arrangiato dal misterioso Douglas Patterson alias Autobot-1000 (forse un mix tra gli Autobot dei Transformers e il T-1000 della saga di Terminator?), influenzato in modo piuttosto evidente dai detroitiani Cybotron (è sufficiente ascoltare “Cosmic Techno” per fugare ogni dubbio) e dall’electrofunk (“Electro”, “Internet”), con ovvie occhiate ai Kraftwerk e Aux 88 (“3D Revolution”, “Access Denied”). Nel percorso non mancano stasi ambientali (“Tears In The Rain”) e ipotetici incontri con forme di vita aliene (“First Contact”). A rimettere in circolazione “3 Dimensions Of Space” in formato 2×12″ è la neonata Inherent Futurism guidata dal danese Morten Kamper il quale, contattato per l’occasione, spiega di aver iniziato a lavorare a questa ristampa ad agosto del 2022, dopo aver contattato James Boggs, proprietario della Hoodwink Records nonché produttore esecutivo dell’album di Autobot-1000: «a quanto ho capito, in principio Boggs aveva l’intenzione di pubblicarlo su vinile ma poi subentrarono problematiche che ne impedirono la realizzazione. L’uscita solo su CD credo lo abbia fatto passare inosservato e francamente non sono neanche sicuro che sia mai stato distribuito in maniera ufficiale, su Discogs sono in pochissimi ad averlo nella propria collezione».
La figura di Patterson è avvolta nel buio fitto: si sa che negli anni Novanta ha lavorato come ingegnere del suono occupandosi, tra le altre cose, di “Bass Magnetic” degli Aux 88. Il fatto che abbia omesso ogni dettaglio biografico per lasciare spazio totale alla musica, parimenti ai Drexciya, ha avvalorato l’ipotesi che provenga da Detroit ma sono solo supposizioni che a oggi non trovano alcuna conferma ufficiale. «Non ho mai parlato con Douglas Patterson, so che è originario della Carolina del Nord ma la sua figura è circondata dal mistero anche per me» prosegue Kamper. «Sono riuscito a portare avanti il progetto grazie a Boggs che detiene i diritti del disco in questione. Ho saputo, da una fonte piuttosto attendibile, che Patterson non produce più musica. Chissà, magari vedere “3 Dimensions Of Space” stampato su vinile per la prima volta potrebbe spronarlo a tornare in studio, mi piacerebbe tantissimo pubblicare ancora la sua musica, vedremo cosa ci riserverà il futuro». Ora l’attenzione è comprensibilmente tutta su “3 Dimensions Of Space” che in questi giorni ha raggiunto finalmente i negozi. «Dopo aver fatto una proposta a Boggs e avergli delineato la mia visione del progetto, ho cercato un distributore. Vista la collaborazione di lunga data, ho avanzato la richiesta alla Clone e Serge Verschuur ha risposto positivamente. A quel punto, potendo contare sul fondamentale sostegno del distributore, ho stipulato un contratto con Boggs. È stato un processo facile, portato avanti grazie a una buona comunicazione. Colgo l’occasione per ringraziare James per aver creduto in me e nel progetto, dimostrando entusiasmo sin dal primo momento. Ho stampato 300 copie di cui 200 nere e 100 di colore verde trasparente. Il team della Matter Of Fact, in Germania, ha svolto un lavoro impeccabile. Adesso non sto nella pelle di sapere come reagirà il pubblico. Laurent Garnier ha dato subito il suo supporto, spero sia di buon auspicio» conclude Kamper.

Teslasonic

Teslasonic – Foundation (MinimalRome)
Questa volta Gianluca Bertasi ha fatto meglio di quanto si potesse credere. Non che nei precedenti dischi non avesse dimostrato di avere stoffa, sia chiaro, ma probabilmente “Foundation” offre la prospettiva giusta per godere al meglio delle sue possibilità espressive e creative. Il capitolino resta fedelmente ancorato all’electro, genere che ormai padroneggia con maestria e competenza tecnica come testimoniano pezzi come “The Machine Age”, “Anti-Gravity Technology” e “Static Electricity” dove la presenza umana è costantemente alternata a interventi di androidi su sfondi sci-fi. Metronomizzando l’apparato ritmico con la cassa in quattro e dotandolo di melodie della Roma imperiale (“Human Galactic Empire”), l’autore finisce in una giungla di robotismi (“Trantor”) ma l’apice lo tocca con “The Frequency” dove le vocoderizzazioni del rapper Donnie Ozone ammiccano in modo chiaro a decani come Afrika Bambaataa, Egyptian Lover o Melle Mel. Il resto lo fanno bassi cyber, scratch e melodie taglienti. Un disco esplosivo come dinamite che riporta in attività MinimalRome dopo qualche anno di silenzio e che viene completato dall’incantevole artwork di Infidel e dall’ineccepibile mastering di Andrea Merlini.

Tengrams

TenGrams – The Defect Of Equality (N.O.I.A. Records)
Registrato tra gennaio e luglio 2022, questo nuovo album dei fratelli Piatto disponibile su Bandcamp attinge (con consapevolezza) dal passato per portare un messaggio nel presente e proiettarlo nel futuro. In evidenza c’è un’ampia gamma di suoni vintage ma gli autori riescono a eludere l’effetto emulativo mettendo sullo stesso binario matrici sonore diverse: da una parte conservano i riferimenti retrò (inclusa l’esperienza N.O.I.A. di cui parliamo qui), dall’altra sfumano i contorni nella modernità giocando sui contrasti. Il loro approccio non risulta mai essere passivo e pezzi come “Beginning Of The End”, “Skeleton In Furs” e “No Escape” lo testimoniano. Diverse le partnership siglate, dall’austriaco Gerhard Potuznik alias G.D. Luxxe per “Work” allo statunitense Scott Ryser degli Units per “People At War” e “Not Like Where I Came From” sino all’italiano Massimo Bastasi, voce e frontman degli Hard Ton, per “Every Time You Are Around”. In alcuni punti sembra di risentire il profumo delle migliori annate electroclash (“Money Before”) con qualche prevedibile (ma piacevole) vampata kraftwerkiana (“Outro”).

Martin Matiske

Martin Matiske – Eternal Reality (Nocta Numerica)
Nel corso del tempo Matiske, ex enfant prodige scoperto da Hell e lanciato nel 2002 su International DeeJay Gigolo quando aveva appena quindici anni, ha affinato tecnica e stile. Oggi il suo suono, più organico e maturo rispetto alle prime esperienze discografiche, si sviluppa su un continuo interscambio tra armonie, melodie e semplificazioni geometriche dei ritmi controbilanciate però da linee di basso ben ponderate. Per l’EP sulla parigina Nocta Numerica la ricetta resta invariata, mantenendo intatto nel contempo un ideale filo connettivo con la produzione donaldiana a cui si è chiaramente ispirato sin dagli esordi (e “Kotodama” ne rappresenta un buon esempio). Insieme ad “Eternal Reality” nei negozi è giunto pure “Dimension Phantasy”, sull’olandese Bordello A Parigi: l’omonimo brano, registrato nel 2008 e pubblicato nel 2012 sulla svedese Stilleben, riappare attraverso due nuovi remix di cui il più convincente è chiamato “Oh Lord!”, che ne rallenta le pulsazioni e lo reinnesta su una base in stile Savage con tanto di sezione vocale inedita a metà strada tra il romantico e il malinconico. L’autore è un francese che ha condiviso con Matiske l’esperienza in Gigolo e che ha dimostrato più volte di avere un debole per l’italo disco, Play Paul.

Rude 66

Rude 66 – Fragmented Living (Pinkman)
Ruud Lekx è tra gli eroi della scena dei Paesi Bassi, ma quella più sotterranea e antitetica al mainstream incensato nei canali generalisti. Nel corso della carriera pluridecennale è passato dai minimalismi acidi a un’electro intagliata dentro scenari gotici toccando poi sponde più melodiche e luminose e qualche deriva più cervellotica di matrice breakcore. Questo Pinkman parte dai ritmi destrutturati di “People Money (Voices In My Head)”, una sorta di break in slow motion incrociato con rintocchi industriali dall’effetto straniante, e poi prosegue sui declivi di una montagna di cocci di vetro (“If You Could Read My Mind”), e su esplosioni filo EBM (“Distance Yourself From Others”, “Maliciously Re-Animated”). Parte della tiratura è abbinata a un secondo disco, in formato 7″, su cui sono incisi altri due brani, “Maliciously Missing” ed “Have You Ever Killed A Man Before?”, a completamento di un quadro dalle tinte fosche, sinistre, a tratti drammatiche che, come recitano le note promozionali, risentono dell’influenza di Meat Beat Manifesto e Coil dei primi anni Novanta.

Adriano Canzian

Adriano Canzian – Aggressiva EP (51Beats)
A venti anni esatti dal debutto discografico (“Macho Boy”, International DeeJay Gigolo Records), Canzian continua imperterrito a costruire trame nervose e irrorare la sua musica con robuste dosi di loopismi ipnotici e marcati. Questo EP per la milanese 51Beats racchiude cinque pezzi perfettamente in linea con lo storico dell’artista di origine veneta, ritmicamente sostenuti e tutti dal piglio abrasivo – “He Wants It” e “Aggressiva” tra i meglio riusciti – con qualche sforamento in territori ravey. Il CD, disponibile in versione autografata su Bandcamp, offre spazio anche a tre bonus track: “Movida 1990” (un presumibile tributo al Movida di Jesolo, locale che l’artista – intervistato qui – frequenta da giovanissimo), “1.2.0” (reinterpretazione di “Los Niños Del Parque” dei Liaisons Dangereuses?) e “The March”: in tutte si ritrova, ben chiaro, il DNA del sound di Canzian, un multistrato di industrial, EBM e techno dall’andatura militaresca.

Manasyt vs Sam Lowry

MANASYt vs Sam Lowry – Untitled (Bunker Records)
Bulgaro trapiantato in Cina, Petar Tassev si diverte a sfidarsi in un incontro contro se stesso visto che è solo lui a celarsi dietro le quinte di MANASYt e Sam Lowry. Ancorato a uno stile in cui confluiscono in egual misura geometrismi ritmici e sequenze armoniche orrorifiche, l’artista interpreta con saggezza i difficili tempi che viviamo, funestati da problematiche di ogni tipo che fanno sembrare la rave age un’epoca lontanissima e soprattutto irripetibile. I nove brani incisi sul disco, quattro da un lato a nome MANASYt e cinque dall’altro come Sam Lowry, privi di titoli, portano per mano in una sorta di Ade, ricorrendo sia a pulsazioni ritmiche che ad arazzi gotici, transitando su ghirigori dissonanti che sembrano davvero pagare il tributo a “Minus” di Robert Hood (B1). Uscito lo scorso autunno, il disco è stato ritirato a causa di un pressaggio non perfetto e sostituito con una nuova tiratura, pare l’ultima per la Bunker Records che terminerebbe la sua corsa in modo definitivo. Val la pena ricordare però che Guy Tavares è già riuscito una volta a resuscitare dalle ceneri la sua creatura, nel 1998, quindi non sorprenderebbe se in futuro ciò avvenisse di nuovo per la gioia degli estimatori e supporter sparsi per il globo.

DJ Hell

DJ Hell – There Is No Planet Earth (Self released)
Downloadabili su Bandcamp, questi due pezzi rispecchiano bene l’estetica del DJ bavarese, tra scheletri ritmici, voci lanciate nel distorsore e una distribuzione equa tra luci e ombre. Il mood di “Planet Earth” divide qualcosa con un remix epocale del tedesco, quello realizzato nel 2002 per “Paranoid Dancer” di Johannes Heil, mentre “We Live We Die”, diffusa già nel 2021 dalla francese Zone, tratteggia il ciclo biologico umano su una base che procede per blocchi che si gonfiano e sgonfiano in una staffetta di filo acidismi.

DresselAmorosi

Dressel Amorosi – Buio In Sala (Four Flies Records)
Partita nel 2018 con “Deathmetha” su Giallo Disco, la collaborazione tra Valerio ‘Heinrich Dressel’ Lombardozzi e Federico Amorosi, ex bassista dei Goblin di Claudio Simonetti, si rinnova attraverso un pezzo pieno di suggestioni che, come recitano le note introduttive, “è la colonna sonora di un film immaginario che si rifà alla tradizione dell’horror italiano degli anni Settanta-Ottanta, un brano perso in un vortice inafferrabile di inquietudine, sogno e avventura”. La versione principale fa tesoro della lezione di John Carpenter e vede crescere la tensione nelle tenebre di una sala cinematografica vuota, forse abbandonata, in un’ambientazione che appartiene a una realtà fuori da tempo e spazio. L’atmosfera viene poi arricchita in due ulteriori rivisitazioni, la Blu, realizzata dal Maestro Fabio Frizzi e il chitarrista Riccardo Rocchi, aggiunge ulteriori sfumature al senso dell’oscurità, mentre dalla Rossa di L.U.C.A. alias Francesco De Bellis (affiancato da Eugenio Bonaccorso e Polysick), emerge una brillante componente ritmica incorniciata da una serie di effettistica singhiozzante che alimenta il pathos. “Buio In Sala”, disponibile solo in formato liquido, preannuncia l’uscita di un 7″ previsto per settembre a cui in seguito si aggiungerà pure un album.

Debonaire

Debonaire – Badass EP (Fdb Recordings)
Gradito ritorno per Claudio Barrella alias Debonaire, italiano trapiantato negli States e tra i principali fautori del Miami Bass. A tenere insieme i quattro pezzi dell’extended play sono infiniti riferimenti old school hip hop, freestyle ed electrofunk incollati a un meticoloso lavoro di sampledelia che spinge l’ascoltatore a un continuo tuffo nel passato. Nel serrato cut-up non mancano gli scratch degni di una riuscita performance al DMC, ulteriore tag audio di un mondo sonico che non è mai tramontato del tutto e per il quale l’autore rivela una passione unica, vigorosa ed esuberante. Si passa dalla vivace “He Is The Master” (nell’impasto si riconosce subito “Boogie Down (Bronx)” di Man Parrish) al reprise di “Badass” dove fa capolino lo sferragliare meccanico di “Trans-Europe Express” dei Kraftwerk in un quadro parecchio chemical beat, da “You Feel Me Now”, un altro cocktail micidiale di rimandi storici da b-boy e ghettoblaster, a “Computer Program” dove il perimetro è segnato dai vocal di “Mean Machine Chant” dei Last Poets intrecciati a robotismi programmati insieme a James McCauley dei Maggotron. Il tutto coronato dallo splendido artwork a firma Julien Dumaine.

(Giosuè Impellizzeri)

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