La dance rimasta nel cassetto

Annunciare l’uscita di un disco che poi però resta nel cassetto: capita più volte negli anni Novanta, quando la musica dance vive una delle sue fasi più entusiasmanti. È accaduto per motivi legali, connessi ad esempio all’uso non autorizzato di un campionamento, per scelta dell’autore o, più frequentemente, per un ripensamento della casa discografica.
Per l’occasione Luca Giampetruzzi e Giosuè Impellizzeri, che tornano a scrivere un articolo a quattro mani a distanza di diversi anni, fanno incetta di informazioni d’archivio e le mettono in fila per indagare e raccontare le vicende di brani sconosciuti perché mai pubblicati o usciti dopo decenni a insaputa degli stessi autori. Non manca neanche qualche caso legato a pezzi finiti sul mercato con il nome artistico diverso rispetto a quello dichiarato inizialmente. Il risultato finale è una gallery che conta circa una ventina di titoli legati a storie rimaste nell’ombra, arricchite da dichiarazioni riscoperte su vecchie riviste o raccolte ad hoc.

Aladino – Nasty Rhythm
Forte di una storia lunga ormai quarant’anni, la bresciana Time Records è una delle etichette dance più importanti nei Novanta, con diversi progetti di successo. Tra questi, a partire dal 1993, anche Aladino, nome legato al DJ e produttore Diego Abaribi, che esordisce nell’estate di quell’anno con “Make It Right Now” (di cui parliamo qui) e si conferma qualche mese dopo con “Brothers In The Space”, entrambi scanditi dalla voce di Emanuela Gubinelli meglio conosciuta come Taleesa. Nell’autunno del 1994, su alcune riviste, si parla di un LP per Aladino ma Abaribi, contattato per l’occasione, spiega che «nonostante fossero pronti diversi singoli, tra cui “Promise”, poi uscito come No Name, il progetto dell’album venne accantonato in quanto la Time puntava più al mercato dei singoli. Tra i pezzi già pronti c’era anche “Nasty Rhythm”, che a mio parere sarebbe stato il disco migliore tra quelli usciti a nome Aladino, era davvero forte. In quello stesso periodo decisi di lasciare l’ambiente musicale per dedicarmi all’azienda dolciaria di famiglia, quindi la traccia non venne mai pubblicata». Orfano del bravo produttore bresciano, il progetto Aladino vede un’altra uscita a ottobre 1995 con “Stay With Me”, prodotta dal duo Trivellato-Sacchetto e con la voce di Sandy Chambers.

Albertino Feat. The Outhere Brothers – ?
Speaker di successo e assoluto protagonista della scena radiofonica italiana fin dagli anni Ottanta, Albertino è diventato negli anni Novanta il punto di riferimento per il genere dance, grazie ai suoi programmi DeeJay Time e DeeJay Parade in onda su Radio DeeJay. Significativa anche la sua carriera a livello discografico che l’ha visto protagonista con alcune produzioni come “Your Love Is Crazy”, a cui abbiamo dedicato un articolo qui, e collaborazioni in vari progetti (Do It!, Lost Tribe – di cui parliamo qui – The End, Control Unit), soprattutto a inizio anni Novanta. Nel luglio 1995, come dichiarato dallo stesso Albertino attraverso un’intervista per la rivista di videogiochi The Games Machine realizzata da Stefano Petrullo, era in programma l’uscita di un disco realizzato con gli Outhere Brothers. «Dopo il successo ottenuto all’Aquafan a ferragosto (del 1994, nda) ero impazzito, mi sentii un po’ cantante e volevo fare un disco con gli Outhere Brothers. Loro mi mandarono la base da Chicago, tra l’altro molto bella, ma poi mi sono vergognato e non l’ho fatto… Se questa cosa fosse andata in porto però, penso che sarei arrivato al primo posto delle classifiche». Un disco con la voce di Albertino uscirà anni dopo, nel 2001, e arriva proprio al numero uno della classifica di vendita italiana: “Super”, realizzato insieme a Gigi D’Agostino.

Alex Party – Now It’s Time
Il progetto di Alex Natale e i fratelli Gianni e Paolo Visnadi è, soprattutto tra l’inizio e la metà degli anni Novanta, uno dei più importanti tra quelli da esportazione, con una posizione numero due raggiunta nella classifica di vendita nel Regno Unito, a febbraio 1995, grazie a “Don’t Give Me Your Life”. Con “Wrap Me Up”, sempre nello stesso anno, diventano profeti in patria, visto che il brano interpretato da Shanie Campbell è uno dei grandi successi estivi per lo Stivale tricolore. Dopo il fallimento della Flying Records però, avvenuto alla fine del 1997 e quindi anche dell’etichetta UMM (a cui abbiamo dedicato qui una monografia) in cui militavano Natale e i Visnadi, il progetto subisce un repentino stop che pare possa terminare a novembre del 1998 quando sul mercato appare una white label intitolata “Now It’s Time”. Il brano, tuttavia, non vede ufficialmente la luce perché gli autori, a dispetto del titolo, non sono convinti al 100% dell’operazione, e ciò fa calare (temporaneamente) il sipario sul progetto prodotto nel 77 Studio di Mestre. Il ritorno però è solo rimandato, visto che nell’estate del 2000 gli Alex Party ricompaiono con un singolo dal titolo “U Gotta Be” su etichetta Undiscovered, che ottiene ottimi riscontri ed è impreziosito da un remix ad opera degli Eiffel 65.

Claudio Coccoluto – Rio
L’uscita di “Rio” di Coccoluto non è mai stata annunciata pubblicamente ma pare che nel 1998 il pezzo fosse destinato all’etichetta milanese Reshape, tentacolo house del gruppo Dipiù guidato da Pierangelo Mauri. Costruita su campionamenti tratti da “Rio De Janeiro” di Gary Criss uscito su Salsoul Records nel 1977, la traccia nasce nell’HWW Studio di Cassino insieme all’inseparabile Savino Martinez che, come racconta qui, non ricorda nel dettaglio le ragioni per cui rimase chiusa nel cassetto ma ipotizza che la causa fosse legata alla mancata autorizzazione dell’uso del sample. Un paio di minuti di “Rio” finiscono sul canale Soundcloud della thedub: Martinez conserva ancora il DAT nel suo studio.

Countermove - Something
La copertina dell’album dei Countermove diffusa in formato digitale nel 2009

Countermove – Something
Nato alla fine del 1998, Countermove prende le mosse dalla new wave e dal synth pop, generi che gli autori Cristian Camporesi (intervistato qui) e Alberto Frignani conoscono più che bene e a cui puntano con l’aiuto di Davide Marani, cantante dal timbro molto simile a quello di Dave Gahan (è sua la voce di “A Question Of Time” di Tony H, artista di cui si parla più avanti, nonché di altre cover della band di Basildon come “Personal Jesus” dei Bond Street, “Little 15” dei Mustache e “Flexible” dei Miami Dub Machine”). “Myself Free”, uscito nella primavera ’99 e per cui viene girato anche un videoclip, apre la strada con discreti risultati che si cerca di replicare con “Unbelievable” del 2000. L’anima pop alla base del progetto spinge la Do It Yourself a prendere in considerazione l’ipotesi di pubblicare persino un album, “Something”. Alla fine però tutto si arena con l’EP omonimo diffuso solo in formato promozionale. «Quando incontrai Cristian e Alberto, c’erano già diverse canzoni allo stato di demo o poco più» spiega Marani, anni fa, sulle pagine di Decadance Appendix. «L’ingaggio con la Do It Yourself avvenne perché Molella, amico di Cristian, ascoltò un paio di brani probabilmente intravedendo il potenziale commerciale con dei remix ossia “Myself Free” e “Another Day”. Sul primo non si sbagliava affatto e da lì a poco ci chiesero di preparare l’album. Avevamo tempo sino al 10 settembre di quell’anno, il 1999. Nel frattempo uscì il secondo singolo, “Unbelievable”, spinto ancora dal remix di Molella & Phil Jay. Noi ci presentavamo come band pop o techno pop, ma con l’alto airplay radiofonico legato a un’etichetta prettamente dance tutti ci inquadrarono semplicemente come gruppo dance. A emergere fu dunque un’immagine “strozzata” e piuttosto riduttiva per chi, come noi, suonava anche la chitarra acustica ed eseguiva brani unplugged. “Dive” avrebbe dovuto anticipare l’uscita di “Something”, pianificata prima per ottobre, poi per dicembre, poi per gennaio 2000 in occasione del Midem, poi a febbraio … ma alla fine fu chiuso in un cassetto. Forse non era propriamente adatto al pubblico italiano visto che ricalcava gli schemi dei Depeche Mode, la passione che condividevo con Cristian e Alberto. In seguito l’etichetta ci chiese di scrivere qualcosa sulla falsariga di “Myself Free”: preparammo delle bozze ma nessuna andava bene. Il tempo passava e la scadenza del contratto era ormai prossima, non vedevamo l’ora di spedire una raccomandata con ricevuta di ritorno affinché non fosse rinnovato per tacito consenso. A posteriori, credo che finimmo nelle mani sbagliate: noi eravamo pop e facevamo pop ma l’etichetta era dance e vide il lucro solo in un paio di singoli remixati in chiave dance». Il 27 agosto 2009, a sorpresa, la Do It Yourself pubblica in digitale l’album dei Countermove, fortemente intriso di riferimenti derivati dalla band britannica oggi attiva con Martin Gore e Dave Gahan, forse proprio quei riferimenti che contribuirono a farlo naufragare circa dieci anni prima.

Datura & Carol Bailey – I Can Feel It
1997: il suono della dance made in Italy sta attraversando per l’ennesima volta una fase di cambiamento e in primavera le produzioni tornano ad avere un sapore pop, dopo l’abbuffata di dream progressive dei mesi precedenti. Sulle pagine della rivista DiscoiD si parla di un’inedita collaborazione marchiata Time Records, tra i Datura e Carol Bailey (cantante di cui parliamo qui), tra i nomi di maggior spicco dell’etichetta bresciana di Giacomo Maiolini. L’annuncio però cade nel vuoto visto che nei mesi seguenti si perdono le tracce del pezzo intitolato “I Can Feel It”. Tempo dopo Ciro Pagano dei Datura afferma che «si stava pianificando l’uscita, ma poiché il brano non piacque a uno speaker radiofonico di riferimento dell’epoca, si preferì seguire il suo suggerimento e non commercializzarlo, cosa che, a ogni modo, in quegli anni capitava spesso». Relativamente ai Datura, nel cassetto resta pure il remix di “Angeli Domini” realizzato dai tedeschi Scooter. Come spiegano Stefano Mazzavillani e il citato Pagano nell’intervista finita in “Decadance”, la ragione per cui ciò avvenne fu legata a un problema di tempistiche: «quando gli amici Scooter ci consegnarono quel remix, sulla rampa di lancio era già posizionato “Mantra”. All’epoca in Time Records non c’era la mentalità adatta per stampare un singolo nuovo con una traccia uscita in precedenza, seppur in versione inedita. Da lì a breve fu la Media Records di Gianfranco Bortolotti a dare inizio a questo tipo di pratica che permetteva di creare un filo conduttore tra una pubblicazione e l’altra dello stesso artista». Intorno al 1996 si parla anche di un nuovo album per i Datura, il secondo dopo “Eternity” del 1993: «circa un anno fa era pronto l’LP che però abbiamo bloccato perché troppo legato al nostro vecchio sound. Successivamente è nata “Voo-Doo Believe?” e abbiamo voltato del tutto pagina» chiariscono Pagano e Mazzavillani in un’intervista di Paolo Caputo apparsa sulla rivista Future Style nel 1997, aggiungendo che il progetto in tale direzione ormai non fosse più tra le priorità. «Fare un album è un lavoro importante che richiede un grande sforzo di tempo ed energie, sarebbe un peccato sprecarlo con tempi e modi che non sono ideali. Oggi in Italia la situazione commerciale e artistica nel mondo della dance è molto delicata, restiamo quindi in attesa di un segno». Quel segno, evidentemente, non è mai arrivato.

DJ Cerla & Moratto – Baby Love
A metà degli anni Novanta, tra i generi più apprezzati dai fruitori di musica dance, c’è la happy hardcore, caratterizzata da pianoforti sincopati, alti bpm e melodie felici, happy per l’appunto. Nonostante le produzioni di questo stile arrivassero principalmente dai Paesi nordeuropei, ad abbracciarlo sono anche alcuni artisti italiani, con fortune alterne. Tra questi i D-Juno, Tiny Tot (di cui parliamo qui), Russoff e l’accoppiata formata da Gabriele Cerlini, meglio noto come DJ Cerla, e il musicista Elvio Moratto. All’inizio del 1995 i due, accompagnati dalla voce di Jo Smith, scalano le classifiche di vendita con “Wonder” che ripesca la melodia di “Help Me (Get Me Some Help)”, brano del 1971 di Tony Ronald già ricostruito in versione happy hardcore qualche mese prima dagli olandesi Charly Lownoise e Mental Theo per “Wonderfull Days”.

Cerla & Moratto - Baby Love
La compilation in cui finisce “Baby Love”

Il seguito intitolato “Baby Love”, la cui pubblicazione è prevista per l’estate dello stesso anno, stranamente non vede ufficialmente la luce nonostante l’inserimento nella compilation “Festivalbar Superdance ’95”. «La Flying Records, nostra etichetta di quel periodo, ci chiese di realizzare velocemente un brano da destinare a un’importante compilation e così facemmo. Poi però, per l’uscita ufficiale, era necessario elaborarlo adeguatamente ma visto che non fu possibile farlo per vari motivi, non venne ritenuto abbastanza forte per la pubblicazione e quindi accantonato» spiega in merito DJ Cerla.

Freestylers – B Boy Breakers
Non è raro che negli anni Novanta si mettano sul mercato produzioni discografiche in formato white label disponibili in poche centinaia di copie: è una modalità che permette di testare le proprie idee con un investimento economico ridotto al minimo e praticabile anche senza il supporto di un distributore. Avviene più o meno così per il duo britannico dei Freestylers, formatosi nel 1996 dalla collaborazione tra Aston Harvey e Matt Cantor, entrambi reduci di diverse esperienze, anche di successo, come Uno Clio e Strike. In occasione della nuova avventura optano per uno pseudonimo inedito, Freestylers per l’appunto, con cui realizzano un remix di “Do You Wanna Get Funky” dei C+C Music Factory, originariamente del 1994. Lo solcano su un test pressing single sided con l’intenzione di inaugurare la loro nuova etichetta, la Freskanova, ma qualcosa non va per il verso giusto. Per gettare luce sull’accaduto risulta provvidenziale Nico De Ceglia (intervistato qui) che a dicembre ’97, attraverso le pagine di DiscoiD, chiede ragguagli a David Morgan, uno dei manager dell’etichetta: «il disco non è mai uscito per problemi irrisolti legati all’autorizzazione di alcuni samples. Tuttavia è diventato un classico nonostante sia praticamente impossibile trovarlo» spiega Morgan. «Sono ancora molti quelli che ci chiamano per avere informazioni a riguardo ma credo che solo tre o quattro persone ne posseggano una copia, oltre ovviamente agli stessi autori. Non uscirà mai anche se una sua commercializzazione probabilmente lo avrebbe reso un successo». Il primo disco della Freskanova è quindi destinato a rimanere nel cassetto, almeno parzialmente, visto che il secondo brano, “Beat Of The Year”, finisce sulla quinta uscita dell’etichetta firmata Freska Allstars. Qualche copia, nel corso degli anni, è transitata dal marketplace di Discogs subendo peraltro un sensibile incremento nella quotazione che il 26 aprile 2015 ha toccato i 332 €. Per i Freestylers e la loro Freskanova però è solo questione di tempo: nel ’98, grazie al boom commerciale del big beat, spopolano con “B-Boy Stance” col featuring del compianto Tenor Fly e trainato da un videoclip in alta rotazione su MTV. Il pezzo è estratto dall’album “We Rock Hard” da cui vengono prelevati altri singoli come “Ruffneck” e “Here We Go”, pubblicati anche in Italia dalla T.P. del gruppo Dipiù.

Gabry Ponte – Power Of Love
È convinzione generale che il primo singolo ufficiale del noto DJ torinese sia quello uscito nel 2001 intitolato “Got To Get”, che mette insieme “Dance Your Ass Off” dell’olandese R.T.Z. e “Feel That Beat” dei 2 Static. In realtà Gabry Ponte cerca la via solista già a gennaio 1999 con “Always On My Mind” (nulla a che vedere col brano omonimo contenuto nel suo primo album) del progetto The Gang @ Gabry Ponte, con la voce di Jeffrey Jey. Ad onor del vero però il primissimo tentativo risale addirittura al 1997 con una traccia intitolata “Power Of Love” realizzata insieme a Simone Pastore dei Da Blitz di cui parliamo qui, che si aggiungeva ad altri progetti curati da lui stesso all’interno della Bliss Corporation come Sangwara e Blyzart. Il brano non esce ufficialmente ma anni dopo viene inserito all’interno del catalogo di Danceria, portale attraverso cui l’etichetta di Massimo Gabutti (intervistato qui) e Luciano Zucchet vendeva la propria musica in formato digitale e ricercava giovani talenti attraverso un nutrito forum.

Molella & Phil Jay – Don’t You Want Me
Una problematica molto diffusa, fin dalla nascita della house music e dell’utilizzo dei campionatori come strumento per creare musica, è legata all’utilizzo dei sample, parti di altre canzoni già edite e magari di successo adoperati per creare brani inediti. Come visto più sopra nei casi di Claudio Coccoluto e dei Freestylers, non sempre gli autori o gli editori originali permettono l’uso di campionamenti tratti dal proprio repertorio e questo, di fatto, può bloccare l’uscita delle musiche che li contengono. È proprio quanto accaduto a “Don’t You Want Me”, follow-up di “With This Ring Let Me Go”, successo estivo del duo Molella e Phil Jay i quali, dopo aver rispolverato il brano “Let Me Go!” degli Heaven 17, targato 1982, tentano di fare il bis riprendendo una hit degli Human League dello stesso anno, “Don’t You Want Me”. L’operazione non va in porto a causa della mancata autorizzazione del “sample clearance” da parte degli autori come dichiarato dallo stesso Molella in una puntata del 2008 di Samples, programma condotto all’epoca da Paolo Noise e Wender su Radio 105.

Netzwerk - Love Is Alive
Annunciato come il nuovo Netzwerk, “Love Is Alive” esce come Johanna

Netzwerk – Love Is Alive
Progetto di punta della DWA (etichetta a cui abbiamo dedicato qui una monografia) fino a metà degli anni Novanta e passato nel 1997 alla scuderia della Dancework per il poco noto “Dream”, Netzwerk, animato dai toscani Gianni Bini, Fulvio Perniola, Marco Galeotti e Maurizio Tognarelli ha segnato il periodo eurodance grazie a diverse hit, in primis “Passion” (di cui parliamo qui) e “Memories”, entrambi interpretati da Simone Jackson, successivamente nota come Simone Jay come raccontiamo qui. Nel 1999 su Volumex, sublabel dell’etichetta milanese gestita da Fabrizio Gatto (intervistato qui) e Claudio Ridolfi, viene annunciato il nuovo singolo dei Netzwerk intitolato “Love Is Alive”. L’uscita ufficiale avviene però sotto un altro nome, Johanna, dietro il quale si nasconde Karen Jones, cantante precedentemente impegnata col progetto Bit Machine ad opera di Daniele Davoli e i suoi Black Box. Una delle quattro versioni è firmata dal compianto Alberto Bertapelle alias Brainbug, che pochi anni prima spopola a livello internazionale con “Nightmare”.

R.A.F. By Picotto - What I Gotta Do
L’info sheet che accompagna la tiratura promozionale di “What I Gotta Do” su GFB

R.A.F. By Picotto – What I Gotta Do
Per “What I Gotta Do” di R.A.F. By Picotto probabilmente sarebbe più corretto parlare di ripensamento giacché il brano, alla fine, viene pubblicato ma con alcune modifiche e soprattutto con un nome d’artista diverso da quello pianificato in prima battuta. Le copie promozionali iniziano a circolare a gennaio del 1994 e contengono quattro versioni tra le quali svetta l’Extended Mix. In buona sostanza il pezzo è un rifacimento eurodance di “Days Of Pearly Spencer” di David McWilliams, un brano del 1967 che forse ispira Cerrone per “Supernature” e che viene coverizzato a più riprese da artisti sparsi per il mondo, tra cui Marc Almond e la nostra Caterina Caselli che lo reintitola in “Il Volto Della Vita”. Ai tempi Mauro Picotto, affiancato in studio da Steven Zucchini, ricorre anche a uno stralcio melodico di “Pure” dei GTO e un paio di frammenti vocali: uno è un campionamento preso da “My Family Depends On Me” di Simone e già usato in “What I Gotta Do” di Antico, l’altro è un rap di Ricardo Overman alias Mc Fixx It (“I love music yeah, can you feel it”) che si ritroverà qualche mese dopo in “Move On Baby” dei Cappella. “What I Gotta Do” finisce proprio nel secondo album di questi ultimi intitolato “U Got 2 Know”. Contattato con la speranza di poter aggiungere dettagli circostanziati, l’artista piemontese purtroppo non rammenta nello specifico le ragioni che spinsero la Media Records a cambiare il nome dell’artista ma ipotizza che ciò avvenne perché sorse l’esigenza di ultimare il nuovo album dei Cappella sottolineando, come peraltro già fatto nel libro “Vita Da DJ – From Heart To Techno” a cui abbiamo dedicato un articolo qui, come allora ci fosse chi produceva musica e chi invece decideva la modalità con cui pubblicarla, nomi e marchi inclusi. «Più che la traccia in sé, riascoltare il pezzo mi fa pensare a quanti ingredienti eterogenei cercai di incastrare» commenta Picotto. «Oltre alla melodia di “Days Of Pearly Spencer” e il campionamento di Simone, in “What I Gotta Do” c’erano anche un frammento di Herb Alpert e uno preso da un mix hip hop che comprai al Disco Più di Rimini. È pazzesco come un riff o una tonalità inconsueta possano fare riaffiorare ricordi ormai andati persi, ma del resto è questa la magia della musica». Vale la pena sottolineare infine che a “What I Gotta Do” di R.A.F. By Picotto venne abbinato anche un numero del catalogo GFB in previsione di una pubblicazione ufficiale, lo 063, poi riassegnato a “Doop” dell’omonimo duo olandese (formato da Ferry Ridderhof e Peter Garnefski, già artefici del successo “Hocus Pocus”) che la Media Records prende in licenza per il territorio italiano.

Systematic – Upside Down
Una partenza sotto i migliori auspici colloca Systematic, a cui abbiamo dedicato qui un articolo/intervista, tra i progetti italiani meglio riusciti del ’94, anno di grazia dell’eurodance. Dopo lo sprint iniziale ottenuto con “I Got The Music” e “Love Is The Answer” però l’interesse si flette sino a lasciare quasi nell’anonimato “Stay Here (In My Heart)”, cantato da Sandy Chambers, e “Suite #1 D-Minor/Klavier Concert”, entrambi del ’96. Affidato a un nuovo team di produzione composto dal musicista Bruno Guerrini e dal giornalista Riccardo Sada, Systematic risorge nel 2000 con “Everyday”, ispirato dai primi successi messi a segno dagli Eiffel 65. L’interesse mostrato da vari Paesi europei lascia presagire un follow-up che viene effettivamente annunciato a febbraio del 2001 proprio da Riccardo Sada attraverso la sua rubrica Le Fromage sulle pagine del mensile d’informazione discografica DiscoiD.

Systematic - Upside Down
“Upside Down” esce nel 2021, venti anni dopo la sua creazione

Contattato per l’occasione, Sada spiega che l’intenzione era quella di dare un seguito al fortunato “Everyday” ma usando un riff potenzialmente utilizzabile per le suonerie dei telefoni cellulari, un segmento di mercato che in quel periodo iniziava a mostrare interessanti potenzialità e sbocchi commerciali. «Guerrini mi telefonò mentre ero in vacanza in Grecia e mi fece ascoltare un frammento della melodia ma mi resi subito conto che non fosse forte e immediata come quella di “Everyday”» ricorda il giornalista. «Il testo e la voce erano ancora di Ivano Fizio e i riferimenti agli Eiffel 65 non mancavano, tuttavia la Energy Production, proprietaria del marchio Systematic, preferì non investire denaro su “Upside Down”, essenzialmente nato dallo scarto della melodia di “Everyday”». A maggio del 2021, a un ventennio di distanza, l’etichetta di Raimondi e Ugolini pubblica in digitale “Upside Down” inserendolo peraltro nella tracklist di “Love Is The Answer”, un best of che raccoglie il repertorio del progetto Systematic.

Ti.Pi.Cal. - What I Like

Ti.Pi.Cal. – What I Like
Daniele Tignino, Riccardo Piparo e Vincenzo Callea sono stati per anni, con il nome Ti.Pi.Cal. e altri, tre dei produttori più prolifici della scena dance italiana. Dopo un decennio costellato di hit legate al loro progetto più importante, Ti.Pi.Cal. per l’appunto, nell’estate del 2001 esce “Is This The Love”, brano che vede il ritorno alla parte vocale del cantante americano Josh Colow. Successivamente arriverà una pausa lunga ben dieci anni intervallata però, nel 2006, dal promo single sided su LUP Records di una traccia cantata da Kimara Lawson e dal titolo “What I Like”, caratterizzata da un insolito stile pop. A tal proposito, Vincenzo Callea chiarisce: «il brano risale al 2000 e doveva sancire il nostro passaggio dalla New Music International alla Time ma poi l’accordo con l’etichetta di Giacomo Maiolini saltò e quindi anni dopo uscì solo come promo, ricevendo qualche passaggio su Radio DeeJay. A dir la verità non sembrava neanche un disco dei Ti.Pi.Cal.». Il successo busserà ancora alla porte dei tre siciliani con “Stars”, tra le hit dance dell’estate 2011.

Tony H – Year 2000 (I Wanna Fly)
Entrato nella scuderia BXR nel 1998, Daniele Tognacca alias Tony H incide per l’etichetta della Media Records (a cui abbiamo dedicato qui una monografia) “Zoo Future”, “Sicilia…You Got It!” e “Tagadà/www.tonyh.com”. A luglio del 2000 su DiscoiD viene annunciata l’uscita di un quarto disco, composto da “due versioni diversissime tra loro, una strumentale, l’altra cantata e dedicata all’estate di Ibiza”. Il trafiletto rimanda anche alla pubblicazione nel Regno Unito prevista a settembre. Di questo pezzo però, intitolato “Year 2000 (I Wanna Fly)” si perdono le tracce.

Tony H - Year 2000 (I Wanna Fly)
Una delle due compilation in cui finisce “Year 2000”

Contattato per l’occasione, Tognacca spiega che non riuscì a finalizzare il progetto per problemi di tempo perché, proprio in quel periodo, lasciò Radio DeeJay, dove era arrivato nel 1989, per approdare a Radio Italia Network che stava cominciando un nuovo percorso editoriale, e gli impegni in quella direzione finirono con l’assorbire tutte le sue energie. La lavorazione del brano non fu quindi portata a termine e si limitò a una sola versione che venne trasmessa come Disco Strobo in “From Disco To Disco”, su Radio DeeJay, nella puntata di sabato 29 aprile 2000. Quella stessa versione finisce nella tracklist del quarto volume della compilation “Collegamento Mentale” mixata dallo stesso Tony H e nel primo di “Maximal.FM” mixata da Ricky Le Roy, dove c’è un altro inedito confinato al CD in questione, “Happy” di Massimo Cominotto. Dal web però affiora una seconda versione di “Year 2000 (I Wanna Fly)” intitolata CRW Mix interpretata da Veronica Coassolo, in quel periodo voce del progetto CRW, che confermerebbe i dettagli emersi dal trafiletto su DiscoiD: a quanto riportato da un lettore del blog, a renderla disponibile anni addietro sul proprio profilo SoundCloud fu proprio Tognacca che però poi decise di rimuoverla. Sul fronte “annunciati ma mai pubblicati”, di Tony H si ricordano pure il mash-up “Hard Spice” del 1997, di cui parliamo qui, e “Delicious” che il DJ originario di Seregno presenta attraverso le pagine di DiscoiD a dicembre 2001 quando sta per partire il suo nuovo programma chillout su Radio Italia Network chiamato provvisoriamente “Delicious” per l’appunto ma poi diventato “Suavis”. Si segnala infine la ripubblicazione della Stromboli Mix di “Sicilia…You Got It!” sotto il titolo “Mutation” e l’artista Pivot, su Pirate Records, l’ennesima delle etichette sussidiarie della Media Records. A oggi resta ignota la ragione per cui ciò avvenne.

USURA - Evolution - Magic Fly
L’advertising su cui si fa cenno a “Evolution/Magic Fly” (giugno ’96)

U.S.U.R.A. – Evolution/Magic Fly
Esplosi in tutta Europa tra 1992 e 1993 grazie a “Open Your Mind” che la bresciana Time Records pubblica su Italian Style Production a cui abbiamo dedicato qui una monografia, gli U.S.U.R.A. tentano di mantenere alte le proprie quotazioni per buona parte degli anni Novanta ma riuscendo solo parzialmente nell’impresa. Il team, rappresentato pubblicamente dai veneti Claudio Varola, Michele Comis ed Elisa Spreafichi ma completato, nell’attività in studio, dal produttore Valter Cremonini e dal musicista Alex Gilardi, continua a raccogliere consensi significativi sino al 1995. Nella seconda metà del decennio, quando l’eurodance cede il passo a nuove tendenze, il marchio perde quota. A “Flying High”, cantata dalla britannica Robin Campbell che aveva già interpretato dei brani per gli Alex Party, avrebbe dovuto fare seguito “Evolution/Magic Fly”, come annunciato da una pagina pubblicitaria della Time Records a giugno ’96. In realtà sul mercato, in estate, arriva “In The Bush”, remake house di un classico disco/funk del 1978 degli americani Musique. Contattato per l’occasione, Alex Gilardi rivela di non ricordare nulla in merito a “Evolution”, diversamente da “Magic Fly”, cover dell’omonimo degli Space del 1977. «Lo reinterpretammo in chiave dream progressive, così come voleva la moda del periodo, ma alla fine, su suggerimento di Giacomo Maiolini, rimase nel cassetto» afferma a tal proposito. Per gli U.S.U.R.A. ci sarà una nuova fiammata nel 1997 grazie al remix di “Open Your Mind” realizzato da DJ Quicksilver (e dal fido collaboratore Tommaso De Donatis). Sull’onda di questo risultato Maiolini affida proprio a loro “Trance Emotions” del 1998, rimasta l’ultima tessera del progetto nato a Padova di cui però si ipotizza un ritorno nel nuovo millennio.

Jinny - Don't Stop The Dance
La pagina pubblicitaria che annuncia “Don’t Stop The Dance” di Jinny (maggio ’95)

Nel 2002 infatti la Time distribuisce delle copie promozionali single sided con su inciso “Rage Hard”, rifacimento dell’omonimo dei Frankie Goes To Hollywood. «Purtroppo non riuscimmo ad ottenere l’autorizzazione per l’uso dei sample e ritenemmo inutile proseguire, quindi quel promo venne siglato col nome Arsuu, anagramma di U.S.U.R.A.» spiega ancora Gilardi. Andando indietro negli anni e spulciando nella stampa dell’epoca, si ritrovano altri annunci della Time Records non andati a buon fine, come quelli relativi a possibili follow-up previsti per il 1995 di progetti curati dallo stesso team di produzione degli U.S.U.R.A. ovvero Silvia Coleman, Deadly Sins e Jinny. Per quest’ultimo in particolare, un advertising a maggio 1995 fa cenno a “Don’t Stop The Dance” ma ad uscire, poche settimane più tardi, è invece “Wanna Be With U” interpretata in incognito da Sandy Chambers. «Per un certo periodo eravamo come in fabbrica, la mole di musica che componevamo era talmente grande che divenne difficile se non impossibile tenere traccia di tutto. Non escludo quindi che “Don’t Stop The Dance” di Jinny (act di cui parliamo qui, nda) possa essere stato uno degli innumerevoli provini poi scartato per qualche motivo e magari riciclato, parzialmente o integralmente, per progetti di nome differente» conclude Gilardi.

(Giosuè Impellizzeri & Luca Giampetruzzi)

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