Fockewulf 190 – Body Heat (Market Records)

Fockewulf 190 - Body HeatTra la seconda metà degli anni Settanta e i primi Ottanta i sintetizzatori e le batterie elettroniche innescano un’autentica rivoluzione destinata a lasciare un solco profondo quanto determinante per gran parte di ciò che avverrà in futuro. Se da un lato autori come Giorgio Moroder, Patrick Cowley, Bobby Orlando o Gino Soccio danno il la all’eurodisco, dall’altro un plotone di compositori francesi (dagli Arpadys ai Droids, dai Milkways ai Moon Birds passando per gli Space, Black Devil e Charlie Mike Sierra, giusto per citarne alcuni) alimentano senza sosta la cosiddetta space disco, agghindata da riferimenti spaziali/alienoidi. In Germania emerge la NDW – acronimo di Neue Deutsche Welle – che affonda le radici nel punk rock ma soprattutto nella new wave britannica, la corrente che forse più di tutte indica lo zenit di una nuova generazione di artisti attratti tanto dalla vocalità rock quanto dalle nuove possibilità tecniche offerte dagli strumenti elettronici.

In Italia, come già descritto su queste pagine, c’è più di qualcuno che in quel periodo si dimostra fortemente affascinato dal nuovo scenario sonoro: dai liguri I Signori Della Galassia, definiti dalla stampa “la risposta italiana ai Rockets”, ai romagnoli N.O.I.A., che intagliano un mix tra Kraftwerk e Devo, dal toscano Alexander Robotnick, autore di una proto dance che manderà in solluchero i DJ di Detroit e Chicago, ai veneti Charlie che arridono alla scena electrofunk dei graffitari e dei breakers del Bronx. Ad aderire tempestivamente a quel fermento artistico è pure Dario Dell’Aere, da Milano, che oggi racconta: «In giovane età la mia formazione musicale fu condizionata da mio fratello maggiore e dai suoi gusti che, nei primi anni Settanta, tendevano ad artisti come Elton John, David Bowie o Roxy Music. Per me Bowie e Bryan Ferry furono senz’altro i rappresentanti primari di uno stile che successivamente integrai nel modo del tutto spontaneo di esprimere la mia artisticità. Per quanto riguarda gli inizi della carriera artistica, fu determinante, nell’estate del 1978, l’incontro col batterista e percussionista Enzo Minazzi (noto come Tommy, nda), successivamente entrato a far parte dei Decibel di Enrico Ruggeri. Ai tempi ero solo un mimo: sin dal 1976 mi presentavo in feste private e discoteche mimando cantanti come Bowie o Presley e proprio grazie a questa passione avvenne l’incontro con Minazzi, precisamente in Largo Marinai d’Italia, a Milano, una zona che frequentavamo entrambi. Fu amicizia a prima vista e da quel momento iniziammo a provare vari brani in garage e cantine con altri suoi amici strumentisti. Fu una bellissima esperienza e in quel periodo nacque il mio primo brano punk intitolato “Amphetamine”. La collaborazione andò avanti per poco più di un anno. Nel 1979 mi sentivo artisticamente predisposto verso generi musicali decisamente più eleganti e raffinati. Proprio durante l’estate del 1979, all’uscita di un cinema, conobbi un ragazzo di appena quindici anni che accompagnava spesso Minazzi, Vittorio ‘Victor Life’ Barozzi.

Ai tempi erano veramente pochi i giovani a potersi permettere una strumentazione adeguata per fare musica, specialmente per via dei costi non abbordabili, ma in qualche modo ci si arrangiava sempre. Io riuscii, coi proventi del mio lavoro, a farmi costruire una batteria elettronica, alcune casse ed un paio di amplificatori. Poi comprai aste, microfoni, armoniche a bocca e un basso. Con quelle poche cose cominciai a cantare, comporre e suonare con maggior passione. Nel marzo del 1980 l’incontro col tastierista Pier Chianura, un vecchio amico d’infanzia, mi spinse alla ricerca di una casa discografica interessata ad alcuni lavori che avevo fatto precedentemente con la sua collaborazione. Purtroppo quella ricerca si rivelò inutile, il mio stile di canto non era considerato commercialmente vendibile e questo rappresentò un grosso scoglio per me che, al contrario, credevo fermamente in tutto ciò che facevo, esattamente come Victor che, per puro caso, avevo incontrato nuovamente ad ottobre di quell’anno in un negozio di dischi. Con Victor nacque un’amicizia molto intensa. Condividevamo idee, gusti musicali e progetti. Inoltre, per quanto giovanissimo all’epoca, era un discreto percussionista avendo maturato un po’ di esperienza al seguito di Minazzi. Alla fine del 1980 decisi di tentare la carriera professionista di cantante e compositore e proposi a Victor di formare un gruppo improntato su un nuovo stile, del tutto alternativo rispetto a ciò che proponevano allora le classiche band dell’hinterland milanese. Così, col supporto strumentale di Walter Goldoni e Danilo Molaschi, nacquero i Diamond Dogs. Purtroppo, sia per scarse disponibilità economiche che per impegni privati di ogni singolo componente, non riuscimmo a fare più di un paio di prove in qualche sala presa a noleggio. La vera svolta avvenne nel 1981 quando incontrai il tastierista Eligio B. Veronesi, conosciuto anch’egli insieme a Victor. Chiusi i rapporti coi collaboratori dei Diamond Dogs quindi, a febbraio iniziai un’intensa collaborazione col solo Veronesi. Solo più tardi avremmo integrato nel gruppo anche Victor che si sarebbe occupato della sezione ritmica. In seguito all’acquisto del nostro primo sintetizzatore, un Korg MS-20, io ed Eligio cominciammo a sviluppare alcuni brani come “Oh Oh Oh”, “Walking Out” e “Vespayar”, in versioni elettroniche e sperimentali, sullo stile sonoro dei primi Human League. Da questa esperienza, supportata anche da Chianura, seguì il mio primo tour da solista in Abruzzo nell’estate del 1981 col nome di Mr. Newton, esperienza resa possibile grazie all’amicizia e alla collaborazione col percussionista e batterista Alessandro Dimuzio e la sua band».

presentazione di No Sex al Taxi, 1982

Una foto scattata durante la presentazione di “No Sex” al Taxi-Gramophone di Milano, nel 1982. Da sinistra Vittorio Barozzi, Dario Dell’Aere, Eleonora Dell’Aere e Salvatore Nonnis

Da lì a poco per Dell’Aere si aprono le porte della discografia. Nel 1982 infatti l’etichetta romana Best Record, guidata dal DJ Claudio Casalini, pubblica “No Sex”, il suo primo disco firmato con lo pseudonimo Ice Eyes (variato in Ice Cubes per il territorio francese, ma pare ad insaputa dell’autore). «La storia di “No Sex” è strettamente collegata alla mia presenza in un locale che frequentavo assiduamente sin dal lontano ’76, il Broadway in via Redi 2 a Milano, che nel 1981 si trasformò nel Taxi-Gramophone, club di tendenza new wave ben conosciuto anche all’estero» prosegue l’artista. «Nell’autunno di quell’anno, grazie alla fiducia accordatami da Renè (Renato Ruggero), ex componente dello staff dei Krisma e gestore artistico dello stesso Taxi-Gramophone, organizzai alcuni live col supporto del citato Chianura. Durante il secondo live, tenuto precisamente il 28 febbraio del 1982, venni notato da un ragazzo, un certo Jerry Lovadina, che si mostrò fortemente interessato a produrmi un disco. Durante l’incontro che seguì pochi giorni dopo gli feci sentire alcune delle demo presentate nei live e tra quelle gli piacque “No Sex”. Trovato l’accordo iniziammo a lavorare alla realizzazione del progetto e chiesi a Renè di procurarmi un chitarrista visto che i miei collaboratori Pier e Luciano, nel frattempo, avevano formato un loro gruppo. Ruggero mi presentò il DJ del Taxi-Gramophone, Salvatore Nonnis in arte Sten After e con lui iniziai la ricerca di un’etichetta discografica. Ci imbattemmo dunque in un certo Jonata che se ben ricordo lavorava come commesso da Fiorucci in Corso Vittorio Emanuele, a Milano, e che funse da intermediario tra noi e la Best Record. Finalmente entrammo in sala per la registrazione del brano. Su mia richiesta Nonnis coinvolse alcuni strumentisti e in cambio di questo favore gli promisi il 50% dei diritti di composizione del brano stesso, come ho sempre fatto anche dopo a titolo di semplice e pura amicizia nei suoi confronti. Victor invece in quel periodo era totalmente assente: per contrasti avvenuti a metà del secondo live, preferimmo dividerci seppur temporaneamente. Pochi giorni prima dell’uscita di “No Sex”, presentato il 2 dicembre 1982 al Taxi-Gramophone ormai diventato il nostro locale di punta, Victor rientrò nel gruppo sostituendo Veronesi, non sempre disponibile».

Dario e Victor al Taxi, nel 1982

Dario Dell’Aere e Vittorio Barozzi durante un live al Taxi-Gramophone, nel 1982

“No Sex” è un pezzo imperniato su atmosfere piuttosto oscure di memoria new wave, per nulla connesso alla disco dance, poi detta italo disco, che alcune etichette indipendenti lombarde (in primis Discomagic e Il Discotto) lanciano sul mercato dopo pochissimo e con cui Dell’Aere viene spesso messo in connessione. Le distanze tra il compositore e l’italo disco si accorciano però nel 1984 quando torna con un progetto ex novo contraddistinto da un nome d’ispirazione aeronautica, Fockewulf 190, e il brano “Body Heat”. Uscito sulla Market Records di Giuseppe Mincioni e distribuito dalla citata Discomagic di Severo Lombardoni, il pezzo è un ibrido tra elementi classici dell’italo disco ed impronte noir della new wave. A produrlo è la coppia formata da Roberto Turatti e Miki Chieregato, che alle spalle ha già “Pretty Face” degli Stylóo di cui abbiamo parlato qui, e i primi successi di Den Harrow, “To Meet Me” ed “A Taste Of Love”, a cui se ne aggiungeranno molti altri. «A portarmi al nome Fockewulf 190 fu la passione per il modellismo» spiega Dell’Aere. «Fra i modellini che avevo c’era quello di un caccia tedesco della seconda guerra mondiale, il Focke-Wulf Fw 190 per l’appunto. Piacque sia a me che ai miei amici e questo bastò per cambiare nome ed archiviare Ice Eyes. “Body Heat” nacque da un preciso accordo tra Giuseppe Mincioni, nostro produttore esecutivo, e Turatti/Chieregato. Fu una condizione a cui dovetti sottostare per cause di forza maggiore se volevo andare avanti con le successive produzioni. Il brano fu strumentalmente composto da Chieregato sulla base musicale del nostro provino intitolato “Walking Out” e caratterizzato da una forte impronta new wave che ci prefiggevamo di portare nei nostri futuri live. Come avvenuto in passato però, anche quella volta la mia voce non fu ritenuta “commerciale” e si preferì affidare la parte vocale a Fred Ventura (seppur in copertina, dove al nome della band viene erroneamente sottratta una c, i crediti attribuiscano comunque i vocal a Dell’Aere, nda). Nei primi due mesi successivi all’uscita le vendite furono più che soddisfacenti, almeno a detta di Mincioni, ma non saprei quantificare con precisione anche perché non mi sono quasi mai interessato agli aspetti commerciali dei nostri lavori. Per quanto riguarda strategie promozionali invece, non ci fu nulla di particolare, le solite interviste nelle radio, presenze pubblicitarie nelle discoteche e, come supporto effettivo, una lunga serie di spettacoli nell’Italia del nord e del centro, il Tour 84, come logico proseguimento del precedente Tour 83 tenuto quando eravamo diretti dal nostro ex manager Max Monti per il lancio di “No Sex”».

Gitano

La copertina di “Gitano”, secondo (ed ultimo) singolo dei Fockewulf 190 edito dalla F1 Team nel 1984

Sempre nel 1984 esce il secondo singolo dei Fockewulf 190 intitolato “Gitano”, questa volta cantato da Dell’Aere e dalla sorella Eleonora e pubblicato dalla F1 Team, una delle etichette raccolte sotto l’ombrello della Panarecord. Stilisticamente sposa in modo più netto l’impronta new wave di artisti e band come John Foxx, Gary Numan, Human League o Visage prendendo distanza dall’italo disco dai connotati più sorridenti e melodici che, nel frattempo, prende piede anche all’estero. «”Gitano” rappresentò la svolta ed andò decisamente meglio rispetto a “Body Heat”» sostiene Dell’Aere. «Con quel pezzo finalmente i Fockewulf 190 ebbero modo di esprimere discograficamente le loro capacità e sonorità, ma soprattutto il piacere di proporsi per ciò che erano realmente con un carattere artistico estremamente particolare e nettamente in controtendenza. Fu Mincioni a decidere di cambiare etichetta, e per l’amicizia che mi legava a lui non ebbi nulla da obiettare. Per me ciò che contava maggiormente era spingere il gruppo avanti il più possibile e soprattutto presentarlo al grande pubblico in modo alternativo ed innovativo, cosa che di fatto avvenne. Nell’ambito dell’italo disco, con cui avevamo davvero ben poco da spartire, ci siamo distinti come una reale alternativa decisamente più vicina alla new wave e questo avvenne sia grazie alla nostra immagine che alle nostre sonorità, riconosciute avanguardistiche ancora oggi da chi se ne intende in Italia e all’estero. L’intento di noi tutti, compreso Mincioni che vide la reale possibilità di distinguersi come produttore nell’ambito della disco-dance dell’epoca, era creare uno stile ricercato che potesse identificarci a priori. Fu una soddisfazione aver realizzato un progetto così ambizioso. Composi “Gitano” firmandolo cabalisticamente con una frase esoterica che riportai sul retro della copertina, “vai da parte e cogli una rosa d’argento, se si altera al contatto del tuo video il reale impossibile verrà materializzato”, ma questa è un’altra storia».

Dario al Taxi per la presentazione di Gitano (1984, foto di Dario Caccia)

Dario Dell’Aere immortalato da Dario Caccia al Taxi-Gramophone per la presentazione di “Gitano” nel 1984

Nonostante gli ottimi presupposti, dei Fockewulf 190 si perdono le tracce per circa venticinque anni. Solo nel 2009 la Vade Retro Records pubblica “Oh Oh Oh” a cui fa seguito, l’anno successivo, “The Model” sull’olandese I.D. Limited. «Alla fine del 1984 eravamo alle stelle e, a dispetto di qualsiasi previsione, avevamo ormai raggiunto una certa notorietà anche all’estero» rammenta Dell’Aere. «Come dice un vecchio proverbio però, il ferro va battuto finché è caldo, e questo purtroppo per i Fockewulf 190 non accadde. Mincioni mi fece, in qualità di portavoce e leader della band, una proposta contrattuale molto interessante. L’accordo prevedeva la pubblicazione del nostro primo album ed un’ulteriore produzione discografica da far uscire entro i cinque anni successivi. Sulla scia dei precedenti risultati sarebbe stato un sicuro successo che ci avrebbe spinti ulteriormente avanti portandoci a livelli ben più alti e professionali. Victor però non fu d’accordo e Nonnis si astenne. Seguirono, prevedibilmente, forti contrasti interni e a quel punto Mincioni, non sentendosi più garantito, decretò la fine del rapporto di produzione. Ovviamente non la presi affatto bene, vidi il tutto come un tradimento soprattutto dopo aver speso anni di impegno artistico per arrivare a costruire un progetto che venne distrutto in un attimo. Totalmente deluso, qualche mese dopo decisi di separarmi da Victor e Nonnis per proseguire come solista. Solo anni più tardi Victor mi confidò che non se la sentì di affrontare un impegno tale, all’epoca troppo più grande di lui, ma di fatto le conseguenze furono disastrose perché decretarono la fine del nostro percorso artistico proprio nel momento in cui avevamo tutti i numeri a favore, compreso l’entusiasmo del nostro produttore, cosa non da poco. Nel 1988 tentammo di rientrare nel circuito attraverso “The Height Of The Fighting”, cover dell’omonimo degli Heaven 17 che firmammo come Demode Boulevard (per la Out di Severo Lombardoni, che sul lato b, vede “Electric Sound” registrato al Gian Burrasca Studio di Marcello Catalano, nda). Personalmente non ho mai amato le cover ed infatti non volli che il mio nome fosse riportato sull’etichetta del disco, ma accettai di cantarla ugualmente per spirito di amicizia. Peccato che nel frattempo le cose fossero cambiate, con il declino del movimento new romantic che all’epoca affiancava l’era new wave, i favoriti delle grandi piazze ormai erano i DJ, non certo gruppi di tendenza come il nostro».

Dario Dell'Aere - Eagles In The Night

La copertina di “Eagles In The Night”, primo ed unico singolo che Dario Dell’Aere firma come solista. A pubblicarlo è la Market Records nel 1985

Nel 1985, all’indomani della separazione con Barozzi e Nonnis, Dell’Aere incide il primo ed unico singolo da solista, “Eagles In The Night”, edito ancora dalla Market Records e diventato un cult conteso dai collezionisti per cifre piuttosto importanti. «Grazie all’amicizia che mi legava a Mincioni che per fortuna restò inalterata, decisi di dare alle stampe un mio vecchio provino del 1983, “Eagles In The Night” per l’appunto, che conciliava l’italo disco con la new wave» prosegue Dell’Aere. «Nonostante i bassi costi di produzione e l’assenza di qualsiasi pubblicità discografica, l’esperimento si rivelò sorprendente. Il brano è stato apprezzato ancora di più negli anni successivi al punto da competere con pezzi revival disco/dance dell’epoca ben più blasonati. Proprio con “Eagles In The Night” inaugurai il Time insieme a Cesare Cadeo in qualità di direttore artistico, un locale in parte di tendenza new wave gemellato col già famoso Amnesie, diretto e gestito da Big Laura a cui ero legato da un’amicizia. Tutto questo però, per quanto prestigioso sia, non rappresenta ciò che in fondo desideravo avvenisse. Per me fare musica vuol dire innanzitutto stare bene con gli amici più cari, e poco mi interessa se i miei lavori scalino le vette del successo. Ritrovarmi a proseguire da solo senza il mio gruppo ormai non aveva più alcun senso, quindi cominciai a maturare l’idea di mollare tutto e ritirarmi in riviera, cosa che feci più tardi trasferendomi in zona Rimini a fine giugno del 1989».

Fockewulf VOD

I due dischi editi in Germania tra 2011 e 2015 che raccolgono il repertorio dei Fockewulf 190

Ad ottobre 2007 il compianto Barozzi dichiara in questa intervista curata da Zeljko Vujkovic, che negli anni Novanta «l’atmosfera romantica e futuristica del decennio precedente era ormai un ricordo. Disgustati dalla scena discografica italiana, incapace di dare il giusto supporto ad una band come la nostra, decidemmo di abbandonare il capoluogo lombardo partendo alla volta di Rimini, dove abbiamo scritto e composto nuovi pezzi come “In My Soul”, “Magic World” ed “Orient Express”». Bisognerà attendere quasi venti anni però per vederli pubblicati, e ciò avviene grazie alla tedesca VOD Records di Frank Maier che nel 2011 stampa “Microcosmos 82 – 86”. Altri ancora si ritrovano nella tracklist di “The First And Second Side Of The Mystic Synth”, apparso nel 2015 sulla Pripuzzi dello stesso Maier. Vedere riconosciuti i propri meriti, seppur a distanza di così tanto tempo, è comunque appagante. «A parte i contrasti avvenuti in passato, io e Victor siamo rimasti sempre buoni amici tanto che quando decisi di trasferirmi in riviera, mi seguì anche lui e Nonnis» narra Dell’Aere. «Fece seguito un lunghissimo periodo che vide il nostro impegno rivolgersi verso interessi del tutto diversi, come studi profondi sulla kabbalah e sull’esoterismo in generale, ed oggi posso dire che ciò ci portò un profondo arricchimento emotivo e spirituale, ma comunque non perdemmo mai di vista la nostra passione primaria, la musica. Nei primi anni Novanta componemmo nuovi brani come quelli sopraccitati ed anche altri, insieme a Nonnis, orientati a generi totalmente diversi ma solo al rientro a Milano, avvenuto per me a marzo del 1995, cominciai a prendere seriamente in considerazione, con Victor e Markus MoonLight, paroliere, collaboratore agli arrangiamenti e componente ufficiale dei Fockewulf 190, l’idea di un ritorno sulla scena artistica, cosa che avvenne dal 2000 in poi con la registrazione delle mie composizioni e dei brani strumentali di Victor presso gli studi CDM, a Milano, con la collaborazione di Arrigo Dubaz come tecnico di sala. Fu un lavoro notevole che durò sino alla fine del 2007 e per me anche molto snervante visto che al contrario di Victor avevo mantenuto la residenza in riviera e quindi mi ritrovai diviso tra famiglia, casa, lavoro, viaggi, arrangiamenti e composizioni. Un ritmo che non potevo certamente sostenere ancora a lungo. Alla fine però il risultato fu raggiunto e la pubblicazione dei nostri due album, più altre produzioni, ci hanno ripagato di tutto l’impegno profuso. Ciò mi permise, nel febbraio del 2008, di lasciare in gestione a Victor sia il nome Fockewulf 190, sia i miei brani finalmente ultimati affinché potesse andare avanti come solista. Motivi di salute mi convinsero a lasciare definitivamente Milano e ritornare nella zona di Rimini-Riccione dove vivo tuttora pur ripromettendoci un’eventuale reunion in tempi migliori».

Tumidanda

La copertina di “Tumidanda” di Frank Tavaglione (Market Records, 1984), un’altra produzione di Dario Dell’Aere diventata ambita per i collezionisti

Da una decina di anni a questa parte circa si è sviluppata una rete piuttosto fitta di etichette dedite alle ristampe di rarità del passato. “Eagles In The Night” è stata rimessa in circolazione nel 2016 dalla Frastuono in più edizioni su vinile colorato mentre ci pensa la statunitense Dark Entries di Josh Cheon a ripubblicare “Body Heat” nel 2018, anno in cui la tedesca ZYX invece rilancia “Tumidanda” di Frank Tavaglione, un brano realizzato dai Fockewulf 190 per la Market Records nel 1984, parallelamente a “Body Heat” e “Gitano”. «Ho un bel ricordo di “Tumidanda”» afferma Dell’Aere. «Composi innanzitutto un ritornello per un brano estivo in puro stile italo disco a cui aggiunsi semplici strofe per un duetto vocale, cosa che eseguii con Eleonora Dell’Aere, ai tempi mia collaboratrice. Realizzato il tutto proposi a Mincioni di farlo rappresentare ad un mio caro amico dell’epoca, Frank Tavaglione, in quanto desideravo impiegarlo come spalla per i nostri spettacoli. Il brano doveva risultare meno impegnativo e decisamente più in linea con l’italo disco ma nel suo risultato finale non mancò comunque di mantenere l’impronta fondamentale dei Fockewulf 190, data soprattutto dal mio timbro vocale e da alcuni arrangiamenti particolari che avevamo inserito. Questi aspetti tradivano un po’ le aspettative ma tutto sommato riuscimmo nell’intento e alla fine il brano si prestò perfettamente all’immagine di Tavaglione in qualità di frontman. Oltremodo è bene specificare che, come avvenuto in “Tumidanda”, la voce femminile nei nostri dischi di punta è sempre stata quella di Eleonora Dell’Aere che si impegnò anche per la creazione dei testi. Utilizzammo la sua voce per quasi tutti i nostri brani dell’epoca, “No Sex”, “Tumidanda”, “Gitano” ed “Eagles In The Night”. Riguardo le ristampe invece, credo che se svariate etichette stiano ristampando i miei vecchi dischi ci sia senz’altro un motivo. Nonostante siano trascorsi oltre trent’anni, quei brani continuano a piacere e vengono ancora trasmessi in radio e nelle discoteche in Italia e all’estero, con ottimi apprezzamenti. Nel cassetto ho ancora degli inediti, nuovi ed altrettanto interessanti, ma li tirerò fuori nel momento in cui vedrò giungere serie proposte di produzione. Come sempre tutto dipende da chi, come e quando.

Victor, Dario e Markus Moonlight (2000)

I Fockewulf 190 nel 2000: da sinistra Vittorio Barozzi, Dario Dell’Aere e il nuovo componente Markus Moonlight, paroliere e collaboratore agli arrangiamenti

Oggi la musica di un certo livello e soprattutto innovativa pare interessi solo a pochi. In particolar modo si nota una certa assenza di innovazione nell’ambito della nuova italo disco dove, nel migliore dei casi, mi capita di sentire ancora brani prodotti sulla falsariga delle vecchie hit. Non credo però che ciò avvenga per mancanza di creatività anzi, grazie alle nuove tecnologie che oggi permettono di esprimersi al meglio, ce n’è anche fin troppa, ma se si continua ad andare avanti così è solo un’illusione prevedere grandi stravolgimenti. Gli artisti, per quanto bravi siano, si trovano a dover fare i conti con l’oste e l’oste si chiama “convenienza commerciale”, cosa che tende spesso a condizionare la spontaneità e l’espressione più intima di un artista. Trovo tutto ciò parecchio debilitante. Mi auguro comunque che in futuro ci siano più artisti che abbiano il coraggio di proporsi in modo alternativo provando a spingersi controcorrente, è l’unico consiglio che mi sento di dare a chi oggi intende avventurarsi in questo settore. Non è stato facile partire da zero, creare un progetto serio e gestirlo per anni, dove anche io ho commesso qualche errore di valutazione. Ma a chi mi ha accusato di essere stato un despota rispondo che se non avessi avuto un carattere ligio ai presupposti iniziali non saremmo andati da nessuna parte. Se si vogliono raggiungere risultati di un certo rilievo è necessario prendere un impegno serio con se stessi e con gli altri. Le statistiche insegnano che se tutta la squadra lavora per qualcosa le probabilità di ottenerla aumentano in modo esponenziale e per me questo punto è sempre stato chiaro sin dall’inizio. Idem per quel che riguarda l’immagine, senz’altro importante, ma un bell’aspetto e un po’ di trucco in faccia non fanno mica un artista. Sotto ci vuole ben altro, soprattutto una certa preparazione correlata ad una discreta dose di maturità, e questo vale anche per chi si assume l’impegno di gestire una produzione, ossia manager e produttori. In parte ho dei rimpianti ed effettivamente avremmo potuto ottenere molto di più. Fra l’altro mi ero preparato per sostenere un impegno maggiore a favore di tutto il gruppo, soprattutto in vista di un’ulteriore escalation, ma me lo hanno impedito e ciò che abbiamo fatto dopo, a distanza di tanti anni, era ormai fuori tempo limite. Purtroppo questo settore è anche crudele e spesso non ammette tempi supplementari. Il resto è storia. Oggi risulta evidente che come gruppo eravamo anche fin troppo in anticipo sui tempi, e al riguardo comprendo benissimo l’amarezza di tanti nostri fan che avrebbero voluto vederci ancora uniti, ma è anche vero che ognuno di noi è maturato artisticamente in tempi diversi, e questo ci ha portati verso strade alternative. Negli anni Ottanta le mode e gli stili musicali erano in un continuo evolversi, compreso le esigenze discografiche, quindi considerando le possibilità che avevo all’epoca credo di aver fatto del mio meglio, e non solo per me stesso» conclude Dell’Aere. (Giosuè Impellizzeri)

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Un pensiero su “Fockewulf 190 – Body Heat (Market Records)

  1. Un articolo interessantissimo e molto ben scritto. Ripercorre il periodo attraverso riflessioni inedite e non raccogliendo le tante notizie, vere o false , che circolano in rete. Dario Dell’Aere è un grandissimo interprete di quel periodo. Certamente la sua musica è più ricercata rispetto alla media del panorama italo degli anni 80. Eagles in the night rappresenta il sogno di credo tanti collezionisti e per molti di loro è destinato a rimanere tale. Che dire poi dell’autore dell’articolo? Ho scoperto Giosuè Impellizzeri da poco ma leggere i scritti è veramente un piacere. Ha una competenza e un’abilità di scrittura che difficilmente si riscontra in chi scrive di musica. I suoi articoli non sono mai banali, ma pieni di spunti inediti ed approfondite riflessioni. Seguirò con piacere i prossimi articoli o interviste.

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