Fargetta – The Music Is Movin’ (Marton & Media)

Fargetta - The Music Is Movin'Negli anni Ottanta e in buona parte dei Novanta comporre musica dance non è, come oggi, un “affare” quasi esclusivamente relegato ai DJ o perlomeno non si tratta di un’attività praticabile in forma autonoma dai disc jockey. Se da un lato gioca a svantaggio il costo ancora piuttosto proibitivo delle strumentazioni necessarie per allestire uno studio di registrazione, dall’altro vi è un limite di tipo compositivo perché non esiste ancora una totale indipendenza creativa, sviluppatasi contestualmente alla nascita di equipment più intuitivi per chi non sa leggere lo spartito e non possiede alcuna formazione teorica. I DJ lanciano idee e suggerimenti, talvolta anche determinanti, ma necessitano ancora spesso della presenza di arrangiatori, ingegneri del suono e musicisti per tradurre compiutamente le proprie suggestioni in brani pubblicabili.

Nello stuolo di professionisti provenienti da studi classici che in quel periodo iniziano la carriera con la dance, superando la non certo sottile barriera della resistenza pregiudiziale, c’è Max Persona, da Verona, che oggi racconta: «La musica è un’arte tramandatami da mio padre, tastierista e fisarmonicista. Nato a Legnago, nella bassa veronese, da giovane mise su una band col fratello che suonava la chitarra. Si esibivano nei migliori locali di Verona e furono anche un gruppo-spalla nelle trasmissioni Rai. Per sposare mia madre però decise di mollare. Ai tempi fare il musicista non era un mestiere abbastanza di valore e riconosciuto, quindi smise di suonare. Tuttavia la musica gli rimase nel sangue anche perché nell’immediato dopoguerra lavorava come commesso in un negozio di dischi. Così, praticamente da quando sono nato, la musica è stata una costante quotidiana nella mia vita. In casa avevamo la filodiffusione in ogni camera e in giro c’era sempre una radio. Quando avevo circa sei anni mio padre mi portò al conservatorio per prendere lezioni di organo elettronico. Imparai presto ma, poiché odiavo il solfeggio, decisi di lasciar perdere. Tuttavia la voglia di suonare l’organo che mio padre comprò per esercitarmi rimase, e quindi andavo spesso nella nostra casa in campagna a strimpellare. Lì credo di aver composto pure qualche melodia. La scintilla vera comunque scoccò quando, durante le vacanze estive tra la quinta elementare e la prima media, venne a trovarmi un caro amico di famiglia, Francesco Duprè, che ora fa il DJ, con cui mi misi a creare brani proprio con quell’organo elettronico, un Elka dotato di sezione ritmica. Un giorno gli chiesi che mestiere volesse fare da grande. Non lo sapeva ancora ma io, al contrario, sostenni con convinzione “il musicista!”. Ero già totalmente innamorato della musica però non ambivo a fare l’artista, il rischio di sparire dalle scene dopo un paio d’anni era forte, preferivo invece coprire ruolo di produttore, quello che restava dietro le quinte insomma.

Max Persona, giugno 1973

Un giovanissimo Max Persona mentre sostiene l’esame del primo anno di organo elettronico, a giugno 1973

Nonostante la giovanissima età quindi dentro di me nacque il credo di voler diventare un produttore discografico e da quel momento in poi tutta la mia vita si sarebbe proiettata verso quel preciso obiettivo, tanto che ripresi a studiare musica iscrivendomi ad una scuola di pianoforte che frequentai per un paio di anni. Inizialmente mio padre approvò la scelta, in seguito un po’ mi osteggiò ma alla fine è stato contento della carriera che ho fatto. Scelsi la dance perché sentivo che fosse la tipologia musicale a me più vicina, forse per “colpa” della sezione ritmica dell’organo Elka di cui parlavo prima che assomigliava ad una sorta di batteria elettronica minimale ad 8 bit che mi portava a pensare immediatamente alla musica da ballo. Inoltre, essendo nato nel ’66, vissi in pieno l’epopea della discomusic di Village People o Chic ma anche di Cerrone e dei fratelli La Bionda che in Italia rappresentarono il faro di quel movimento. Mio padre comprava ogni settimana i dischi della serie Hit Parade ed io mi fiondavo sistematicamente sui pezzi “dance”. Poi, intorno ai quattordici anni, cominciai ad improvvisare mixaggi casalinghi con un mixer, un giradischi ed un registratore a cassette. Per non perdere il contatto con la musica suonata presi lezioni di batteria. Durante il periodo delle scuole superiori mettevo dischi come DJ e parallelamente fondai una band che si esibiva con cover di gruppi britannici tipo Simple Minds, Cure, Duran Duran e Spandau Ballet. La lineup era composta da due chitarristi (di cui uno anche cantante) ed un tastierista, oltre a me che suonavo la batteria ed ero il capo band. Le cose cambiarono quando nacque l’esigenza di sostituire il tastierista. Misi un annuncio su un giornale di Verona, Arena Bazar, così come si usava fare ai tempi, e si fecero avanti cinque/sei persone tra cui Antonio Puntillo con cui trovai presto la giusta intesa, seppur lui venisse da un ambiente più vicino al rock e al cantautorato. Gli feci la stessa domanda che posi qualche tempo prima a Duprè e la sua risposta fu secca: voleva vivere di musica, proprio come me. Gli dissi di seguirmi perché avevo le idee molto chiare e sciolsi immediatamente la band. Per “vivere di musica” però avevamo bisogno di venderla, quindi incidere dischi. In quel momento si aprì un capitolo molto interessante della mia vita.

Io e Puntillo facevamo sul serio e così andammo a Bologna presso il negozio Casa Dell’Orchestrale per comprare il necessario che servisse a creare uno studio di registrazione. Prendemmo un registratore ad 8 piste della Tascam, un mixer ad 8 tracce della Fostex, un microfono, una tastiera, un sintetizzatore Siel Opera 6, una coppia di casse ed una batteria elettronica, la Drumulator della E-mu. Ci indebitammo con cambiali che avremmo dovuto pagare nell’arco di un paio di anni ma fummo bravi al punto da estinguerle tutte in circa sei mesi. Iniziammo a fare spot pubblicitari e basi musicali per la radio ma due contatti si rivelarono determinanti per ciò che avvenne da lì a breve. Puntillo conosceva Mario Natale, un amico di vecchia data di Verona ai tempi coinvolto in numerosi brani di tanti artisti dell’italo disco. Ci diede un po’ di dritte su come muoverci ed operare in quell’ambiente ma la vera svolta avvenne quando, recitando con la compagnia teatrale La Barcaccia, fui chiamato come corista a prendere parte alla colonna sonora di uno spettacolo. Avremmo dovuto registrare a Lugagnano presso il Factory Sound Studio di Mauro Farina e Giuliano Crivellente, due tra i player principali della musica hi NRG. In quello studio incontrai per la prima volta Laurent ‘Newfield’ Gelmetti, il quale si accorse, durante la mia performance, che fossi intonato ed andassi a tempo con la base. Uscii per ultimo dallo studio mettendolo al corrente che pure noi stessimo iniziando a produrre musica dance e chiedendogli se fosse disposto ad ascoltare una cassetta coi nostri demo. Mi rispose positivamente e gli portai il nastro che consegnò a Farina. Poco tempo dopo quest’ultimo ci convocò proponendoci di collaborare con la sua casa discografica, la Saifam. Da lì partì ufficialmente l’avventura nella dance.

Iniziammo a produrre hi NRG prima per Farina e poi per il suo ex socio Giacomo Maiolini, fondatore della Time, e per Sergio Dall’Ora, titolare dell’Havana Studios a Peschiera del Garda a cui era collegata l’etichetta Havana Productions. Quell’esperienza ci spinse a coprire dei ruoli: Puntillo, bravissimo pianista, suonava mentre io, pur contribuendo alla scrittura delle melodie, svolgevo l’attività di produttore. Erano gli anni in cui iniziava ad emergere la house music e mi resi conto che servisse un apporto in più così mi misi alla ricerca di qualche DJ in linea coi nostri scopi. Trovai Mauro Aventino, in arte Pagany. Gli proposi di partecipare al progetto, accettò con piacere e ci mettemmo al lavoro. La prima cosa che facemmo insieme fu “Love Can Do” di Blue Tattoo che proponemmo a Roberto Turatti, socio del citato Mario Natale, a cui piacque e che a sua volta inoltrò alla X-Energy Records di Alvaro Ugolini e Dario Raimondi Cominesi che lo pubblicò nel 1989. Per qualche mese lavorammo con Turatti, facendo la spola tra Verona e Milano. In quel periodo Roby Arduini, che incontrammo negli studi di Dall’Ora, fu colpito dalla nostra intraprendenza e lanciò l’idea di fare un brano insieme che poi portò ad un produttore con cui aveva collaborato anni prima, Gianfranco Bortolotti. Questo, riconoscendo immediatamente la qualità della traccia, “I Don’t Know What It Is” di Sined Roza, (reinterpretazione house di “Witness The Change” di Pete Shelley, un cult del periodo “afro” già ripreso nel 1982 dal tedesco Pit Löw alias P.L., nda) ci propose immediatamente di entrare a far parte della sua Media Records. Accettammo e all’unico studio attivo allora se ne aggiunsero altri due, uno per me, uno per Arduini ed uno per Puntillo. Pagany lavorava a rotazione con tutti. A quel punto servivano altri DJ ed iniziarono ad arrivare giovani promesse come Mauro Picotto, Francesco Zappalà e Lorenzo Carpella».

A Roncadelle, alle porte di Brescia, la Media Records del vulcanico Bortolotti segue un preciso modus operandi per le proprie produzioni: mette in stretta comunicazione i suggerimenti dei DJ e le capacità tecniche dei musicisti. Il binomio risulta efficace e genera ottimi frutti attraverso prodotti che seguono le nuove tendenze in atto captate dai nuovi eroi dei giovani mantenendo, nel contempo, alto lo standard qualitativo della scrittura e composizione. «Fu proprio così, ed io avevo intuito l’idea di Bortolotti visto che avevo già cercato la presenza di un DJ nel team per dare il giusto sound alle nostre produzioni» dice in merito Persona. «Quando eravamo in studio veniva posta sistematicamente la stessa domanda: “lo metteresti in una tua serata? Nel momento clou? All’inizio del set? Alla fine?” Insomma, il giudizio del disc jockey rappresentava un importante parametro per ottenere suggerimenti utili a finalizzare meglio le nostre proposte da arrangiatori e compositori. In Media Records c’erano DJ più propositivi, che lanciavano anche qualche idea, ed altri invece più passivi che si limitavano a fornire solo feedback. Quel compromesso tra disc jockey e musicisti, rivelatosi vincente, per me era perfetto e credo lo sia tuttora, a distanza di ormai trent’anni. Oggi però il DJ e il produttore coesistono nella stessa persona e ciò, probabilmente, non permette di avere un orecchio oggettivo nel valutare la qualità e il valore della produzione. Un tempo invece i ruoli erano separati ed ognuno aveva la sua valenza. In Media Records poi le coppie si formavano quasi autonomamente, seguendo il sentore e il giudizio a pelle. Io, ad esempio, mi sono trovato sempre benissimo con Lorenzo Carpella».

produzioni Media Persona

Alcune delle produzioni di successo della Media Records a cui ha collaborato Max Persona

Il connubio tra figure professionali fino a poco tempo prima quasi antitetiche, insomma, fa la differenza anche se talvolta, per portare in scena le hit di allora, come illustrato in questo reportage, non si fa affidamento né ai DJ né ai musicisti, preferendo assoldare invece personaggi-immagine col fine di dare un volto a progetti da studio concepiti e sviluppati da chi non è disposto a prendere parte ad apparizioni pubbliche, che siano ospitate televisive o spettacoli in discoteca. Persona, ad esempio, è tra gli artefici di brani come “We Need Freedom” di Antico, “2√231” di Anticappella, “Move Your Feet” di 49ers, “Take Me Away” e “U Got 2 Know” di Cappella, “Find The Way” di Mars Plastic e “Dancing Through The Night” di Sharada House Gang giusto per citarne alcuni, ma senza che il grande pubblico abbia mai visto il suo volto e talvolta abbia nemmeno letto il suo nome, comunque riportato regolarmente tra i crediti in copertina. «Come accennavo prima, la mia idea era proprio quella di fare il produttore e non l’artista» spiega il musicista veneto. «Tuttavia non mi sono mai sentito un ghost producer come quelli di oggi, che approntano la canzone e la vendono a terzi senza figurare da nessuna parte. Io mi sento legittimamente coinvolto in tutti i brani di allora e credo che gli addetti ai lavori comprendessero che dietro a quei pezzi ci fosse la presenza di un nutrito team di produttori. Non ho mai sentito il bisogno di mettermi in primo piano anche perché non era certamente quello il momento giusto per farlo. Ripensandoci oggi, col senno di poi, forse sarebbe stato meglio produrre musica a proprio nome ma per come funzionavano le cose ai tempi avrei dovuto firmare un contratto con la Media Records che mi attribuisse la proprietà dei marchi ma non credo sarebbe stato fattibile. In quegli anni non c’era la possibilità di emergere partendo dal completo anonimato, bisognava farsi le ossa e la giusta gavetta. Poi Bortolotti faceva rispettare sempre i ruoli di ognuno mantenendo saldamente il controllo della situazione, ed era giusto che fosse così, anche io avrei fatto lo stesso nella sua posizione».

Marton & Media

Il logo della Marton & Media, etichetta che nel 1992 ufficializza la partnership tra la Marton Corporation di Claudio Cecchetto e la Media Records di Gianfranco Bortolotti

Nel copioso repertorio di Persona figura anche il singolo di debutto di un DJ destinato ad una rosea carriera, Mario Fargetta. “The Music Is Movin'” esce nel 1992 su un’etichetta inaugurata pochi mesi prima con “Free” del collega Molella («brano che avevo prodotto ed arrangiato nel mio studio a Roncadelle insieme allo stesso Molella e Filippo Carmeni alias Phil Jay» chiarisce il musicista), la Marton & Media, nata per ufficializzare e suggellare la partnership tra la Marton Corporation di Claudio Cecchetto e la Media Records di Gianfranco Bortolotti, iniziata già l’anno precedente con la joint venture FRI/Media come attestano i crediti sulla copertina di “Revolution!” del citato Molella. Stilisticamente il brano si muove all’interno delle maglie di una eurodance mischiata a suoni trapiantati dalla hardcore techno dei rave britannici, quella piena di sirene, stab e reticoli ritmici filo breakbeat. «Eravamo nel pieno trend della techno promossa dagli artisti d’oltremanica ed uscivamo da pezzi come “Take Me Away” dei Cappella o “2√231” degli Anticappella per cui ricorremmo a suoni particolarmente “duri”» spiega Persona. «Ad ispirarci principalmente per quel genere di tracce erano i Prodigy nonché il clima post industriale da cui giungevano continuamente nuovi input come, ad esempio, il “martello” utilizzato sullo snare proprio in “The Music Is Movin'”. Quel pezzo lo realizzammo con una valanga di campionatori Akai S1100 abbinati all’expander EX1100: credo ne avessi almeno sei per un totale di ben 24 uscite stereo a disposizione che equivalevano ad una potenza incredibile per i tempi. La sirena derivava da un Roland Juno-106 e gli altri suoni da un Roland MKS-70, insieme a vari campionamenti mixati a sintesi additive con cui ottenevamo un suono nuovo. La patch del “pianoforte”, ad esempio, era influenzata da “I Like It (Blow Out Dub)” di Landlord Featuring Dex Danclair, del 1989. Mixammo il tutto su una consolle Soundcraft finalizzando il prodotto finale in una quindicina di giorni circa. Sulla copertina venne scritto “recorded by Mars Plastic Sampler 1.0”, una delle tante trovate di Bortolotti per alimentare con un pizzico di mistero il nome Mars Plastic scelto per la versione principale, la Mars Plastic Mix per l’appunto nonché nome di un progetto che partì proprio quell’anno col brano “What You Wanna Be” (prodotto da Arduini, Aventino e Picotto, nda). A cantare “The Music Is Movin'” fu invece Ann-Marie Smith con cui iniziammo a collaborare qualche tempo prima. In studio, con me, c’era Lorenzo Carpella, piazzato davanti al piatto con borse piene zeppe di dischi a destra e a sinistra. Era lui a fornirmi “pezzettini” di suoni che campionavo e poi mettevo dentro, girandoli, tagliuzzandoli e testandoli più volte in svariate combinazioni. Se non ricordo male, in questa maniera nacquero anche i due sample iniziali, “eeeh paaa” (tratti da “Notice Me” della compianta Sandee, nda). Molto spesso partivamo da un suono che suggeriva il movimento e poi, su quello, sviluppavamo la melodia, magari traendo spunto da un campionamento, un sovracampionamento o un mix tra due suoni o due synth campionati a loro volta. Per ricreare l’effetto Prodigy nella ritmica, quella volta, andammo a ripescare il famosissimo “Hot Pants – I’m Coming, Coming, I’m Coming” di Bobby Byrd, del 1971, che si trovava in decine di dischi, opportunamente tagliato. Pur non eguagliando i risultati della band di Liam Howlett, non potemmo certamente lamentarci. “The Music Is Movin'” fu licenziato nel Regno Unito, in Francia, in Spagna, in Australia e negli Stati Uniti ma non saprei quantificare con esattezza le copie vendute. Il remix che approntai poco tempo dopo, uscito come Mars Plastic Remix sul disco infilato nella copertina gialla, secondo me andò persino meglio rispetto alla prima versione. A svettare lì era il suono del pianoforte che poi è quello che ha recentemente ispirato Calvin Harris».

Nei primi giorni di aprile 2020 Harris pubblica “Moving”, rework di “The Music Is Movin” che firma come Love Regenerator, ma non è il primo a ripescare la hit made in Media Records. Ci pensano i G.T. con la quasi omonima “The Muzik Is Movin'” provvista di rimembranze faithlessiane, nel 1996, i System X con l’happy hardcore di “Rush Hour” nel 1997 e i Cortina con una reinterpretazione hard house edita da Nukleuz nel 1999, nel 2001 tocca all’olandese Geal con “Losing My Feelin” e più recentemente pure a Ummet Ozcan, giovane pupillo della Spinnin’ Records, con “Lose Control” del 2015, e a Janika Tenn con “Moving” del 2019. «Sono molto orgoglioso che un personaggio come Calvin Harris abbia scelto di riutilizzare “The Music Is Movin” per una sua uscita» afferma Persona. «Ritengo abbia esaltato il brano nella giusta maniera e il risultato, ad oggi, ha già totalizzato cinque milioni di ascolti su Spotify e circa 500.000 su YouTube con un “video” che mostra solo la copertina, e la cosa mi inorgoglisce ulteriormente».

Max Persona e Fargetta, tra 1992 e 1993

Il musicista veronese e Mario Fargetta in una foto scattata tra 1992 e 1993

In relazione al rapporto tra DJ e musicisti di cui si parlava prima, in un’intervista rilasciata a Clara Zambetti e pubblicata a dicembre del 1995, Fargetta dichiara testualmente: «Ho iniziato a fare il produttore quando Gianfranco Bortolotti mi propose di fare un disco che era già pronto, “The Music Is Movin'”, dovevo solo aggiustarlo secondo i miei gusti». Ci si chiede dunque cosa cambiò nel brano rispetto alla versione approntata presso la Media Records. «Effettivamente quando arrivò Mario avevamo già realizzato almeno metà del pezzo» rammenta a tal proposito Persona. «Lui ammise subito senza giri di parole di non sapere come fare dischi così lo invitai a farmi sentire ciò che gli piaceva di più, anche selezionando singoli suoni come basso, cassa o passaggi melodici che lo avevano particolarmente colpito. Dopo un po’ tornò con vari sample che aveva ritagliato su bobina e dai quali campionammo qualcosa che mettemmo nella traccia. Di quel particolare momento, in cui nasceva il sodalizio tra Cecchetto e Bortolotti, rammento anche alcune partite a calcio organizzate come “contorno” a tutto ciò che si stava sviluppando negli studi a Roncadelle».

Fargetta - Music

“Music” è il follow-up di “The Music Is Movin'”, realizzato ancora con Max Persona

La sinergia tra Fargetta e Persona non si esaurisce: nell’autunno del 1992 realizzano il follow-up di “The Music Is Movin'” ossia “Music”, cover dell’omonimo di John Miles, con cui prendono le distanze dall’impronta eurotechnodance a favore di una scelta melodica più schietta, ulteriormente riverberata dalla versione italodance del 2002 firmata dallo stesso Fargetta e Gabry Ponte e ricantata da un altro personaggio proveniente dalla scuola Media Records, Carl Fanini (East Side Beat, Club House, di cui si parla qui e qui). «Considero “Music” la mia più grande soddisfazione professionale» risponde schiettamente Persona. «Mario mi propose di rifare il pezzo di Miles ma inizialmente ero particolarmente scettico. Il brano originale era molto distante dalla dance, con parti melodiche in 4/4 che poi passavano in 7/8, si sviluppava tra crescendo e calando tipo un’opera lirica e mostrava evidenti complessità nella struttura. Tuttavia riuscì a convincermi e gli dissi che avrei fatto un tentativo per vedere cosa potesse venirne fuori. Alla fine quel brano-opera si trasformò in un’opera-dancepop, traslata tutta in 4/4 e soprattutto con un ritornello riscritto ex novo che nel pezzo di Miles non c’è. A figurare nella nostra versione era infatti una porzione inedita che scrissi io e che feci cantare ad Ann-Marie Smith. Mi accorsi che nella stesura melodica originale, molto romantica, mancava una sorta di “esplosione” fondamentale nella dance e così, utilizzando la linea del pianoforte di Miles, scrissi il ritornello. Dopo averlo ascoltato per la prima volta Mario era contentissimo ed entusiasta. Poi lo rifinimmo insieme. Credo che “Music” sia la canzone maggiormente riconoscibile del mio repertorio oltre ad essere quella ad avermi dato una soddisfazione enorme, derivata anche dai complimenti di John Miles giunti in diretta su Radio DeeJay. Il britannico definì la versione molto interessante e ben realizzata».

Persona lavora a Roncadelle dal 1990 a metà del 1994, un arco di tempo ricchissimo di produzioni. «Alla Media Records tornai anche dopo il 2000 come direttore degli studi, seppur per un breve periodo» precisa il musicista. «Quei tre anni e mezzo iniziali furono meravigliosi: insieme ad Arduini, Puntillo ed Aventino, partivo ogni mattina da Verona in macchina, una Volvo comprata all’uopo. Giunti a destinazione facevamo velocemente colazione al bar dell’Hotel Continental e poi ci chiudevamo in studio sino a pranzo. Dopo un panino di nuovo in studio fino a sera, quando tornavamo a casa. La nostra vita di quegli anni fu sostanzialmente questa. In principio eravamo in pochi: oltre a noi quattro, c’era Bortolotti, il socio Diego Leoni (intervistato qui, nda), le segretarie e non più di un paio di DJ. Insomma, forse una decina in tutto, ma ci divertivamo come matti. Inoltre ogni pezzo che tiravamo fuori aveva una magia ed un’aura particolare. Erano tempi particolarmente floridi per la discografia, solitamente si facevano dalle tre alle cinque ristampe per uscita. Dei pezzi meno fortunati invece ne vendevamo almeno diecimila copie, sommate a tre/quattro licenze estere. Si lavorava parecchio ma le soddisfazioni ripagavano alla grande. Ricordo con particolare piacere i primi brani incisi per la Media Records, come “We Need Freedom” di Antico, a cui donai la mia voce: la parte urlata fu ideata anche da me, ispirata dai vocal di “The Party” di Kraze uscito pochi anni prima. Mi mandarono in sala canto dove pronunciai più volte lo slogan “we need freedom!” ma senza esito. Poi decisi di urlarlo e fu perfetto, ma rimasi senza voce per tre giorni. Sono particolarmente legato pure a “Take Me Away” e “U Got 2 Know”, entrambi di Cappella, due brani che testimoniano in pieno il desiderio di esprimere il nostro lato “techno mediterraneo”, prestando particolare attenzione a melodie ed armonie, e non posso non citare “Music” di Fargetta, nata come una vera sfida e fortunatissima dal punto di vista creativo. Un pensiero, infine, è rivolto anche a “2√231” di Anticappella, scritto inizialmente per Cappella. Ero convinto che avesse tutte le carte in regola per funzionare ma Bortolotti era titubante. Lo pubblicò ugualmente ma con un nome diverso col fine di creare un antagonista tra le mura della stessa casa discografica e così nacque il progetto Anticappella che raccolse ottimi riscontri nel mondo (a licenziarlo in Germania, Regno Unito e Stati Uniti sono rispettivamente tre etichette-cardine, la ZYX di Bernhard Mikulski, la PWL Continental di Pete Waterman e la Next Plateau di Eddie O’Loughlin, nda)».

adv Union Records, 1995

Due advertising della Union Records risalenti al 1995

Nel 1994 la compagine veronese formata da Persona, Arduini, Puntillo ed Aventino lascia la Media Records per fondare una nuova società discografica, la Union Records. Sotto il suo “ombrello” verranno piazzate varie etichette tra cui la Molotov Records, destinata alle produzioni house, e la Tube spalleggiata da uno dei DJ veneti più amati, Marco Dionigi, intervistato qui. «Seppur fossimo il cuore pulsante della Media Records, decidemmo di abbandonare il gruppo di Bortolotti perché i tempi erano propizi per camminare con le nostre gambe» spiega Persona. «La Union Records nacque rilevando gli spazi un tempo occupati dal Factory Sound Studio, proprio dove partì tutto pochi anni prima. Andò discretamente, almeno sino al 1997 quando ci fu uno sciagurato incontro con una società che si propose di curare tutto, dalla distribuzione alle edizioni, ma purtroppo non fece un buon lavoro, non so se intenzionalmente o per negligenza. In appena sei mesi fummo messi nelle condizioni di cedere tutto a quella stessa società che invece avrebbe dovuto amministrarci».

MKZE - Shining Ray

“Shining Ray” di M.K.Z.E., edito dalla Next Records nel 1995, sigla la ritrovata collaborazione tra Mario Fargetta, nascosto dietro l’acronimo Mafa, e Max Persona

Durante gli anni di operatività della Union Records, Persona si ritrova a collaborare nuovamente con Fargetta ma con risultati diversi rispetto ai precedenti. Nel 1995 esce “Shining Ray” di M.K.Z.E., progetto di Miko e A-Enzo prodotto negli studi veronesi della Union ma pubblicato dalla Next Records del gruppo Energy Production. A scriverlo sono Persona, Puntillo e Fargetta, quest’ultimo trincerato dietro l’acronimo Mafa. Nonostante qualche passaggio nel DeeJay Time di Albertino, il brano non riesce ad uscire dall’anonimato ma resta comunque ancorato al cuore degli appassionati dell’eurodance analogamente ad un altro brano personiano ricercato sul mercato del collezionismo con discrete valutazioni, “I Need I Want” di Vince B, costruito sugli accordi di “Birdland” dei Weather Report ed un sample vocale preso dall’acappella di  “Was It Just A Game” di Solution Featuring Tafuri.

Maiolini-Persona-Pagany (1994)

Un’altra foto scattata nel ’94 risalente al periodo della Union Records: insieme a Max Persona (al centro) e Pagany (a destra) c’è Giacomo Maiolini della Time Records

II post Union Records per Persona inizia a Milano dove, tra 1997 e 2001, lavora negli studi della X-Energy Records. «In quel periodo incisi discreti successi come “Down Down Down” insieme a Stefano ‘Gambafreaks’ Gambarelli ed altri che funzionarono bene in Francia e Germania» rammenta. «Nel 2001 ho creato Persona Music, label indipendente a cui due anni più tardi si è aggiunta Nexus3, agenzia di comunicazione multimediale. Uno dei due soci che mi affiancano in questa avventura è Eugenio Chicano Carnevali, un regista e creativo pubblicitario di origini spagnole. Nexus3 poggia, come anticipa lo stesso nome, su tre business unit: produzioni audiovisive, comunicazione (incluso studio del logo e naming per le aziende che partono da zero) e una divisione management per gli eventi. Ad un certo punto della mia vita ho avvertito una sorta di rifiuto per la musica. Pur continuando a comporre, anche per etichette di un certo spessore come Sony ed Universal, non comprendevo più dove si stesse dirigendo l’ambito musicale, interessato peraltro da troppa confusione sui supporti e sul ruolo del digitale che avanzava. Così ho preferito allontanarmi per un periodo piuttosto lungo, dal 2006 al 2013. La voglia di comporre però non è mai scemata del tutto così ho rimesso in piedi lo studio di registrazione con le poche cose che mi erano rimaste della Persona Music integrandole a qualche nuovo acquisto. Il primo risultato è stato “Fight For Your Fantasy” realizzato a quattro mani con Alex De Magistris che mi ha fatto riavvicinare progressivamente alla dance. Nell’ultimo anno ho prodotto parecchi nuovi brani, tutti pronti per essere pubblicati. Devo ammettere che un’ulteriore spinta, insieme ad una piacevole dose di notorietà, me la sta fornendo Calvin Harris col suo rework di “The Music Is Movin'”.

Seppur defilato dal punto di vista lavorativo, ho costantemente seguito l’evoluzione delle declinazioni più pop della musica da ballo, quella che personalmente ritengo debba far divertire la gente e celebrare al meglio il momento in cui si stacca la spina dai problemi della quotidianità. Per me la dance ha esattamente questo scopo, come qualsiasi musica che faccia ballare, che sia latina o il reggaeton. Quando un brano, a prescindere dallo stile, riesce a dare una scossa spingendo a muoversi, ad empatizzare con la melodia e generare un totale coinvolgimento, ha raggiunto lo scopo. Dal punto di vista creativo invece, purtroppo oggi non trovo nulla che suoni veramente nuovo. Sussiste la voglia di sperimentare e trovare una personalità ma ciò avviene puntualmente con qualcosa che ripesca nel passato e gode di contaminazione tra uno stile e l’altro. In tal senso mi piacciono i Major Lazer, Kygo o Alan Walker che ha portato una forte melodicità in pezzi come “Faded” ed “Alone”, ma nessuno di loro ha fatto nulla di autenticamente nuovo. A lasciare le orme più profonde ed avanguardiste restano miti come Kraftwerk, Cerrone, Moroder, Vangelis, Quincy Jones o Nile Rodgers: sono loro ad aver scritto la storia. Fatico a trovare chi abbia fatto altrettanto in tempi più recenti, forse una marcia in più rispetto a tanti altri l’aveva Avicii che purtroppo non è più con noi». (Giosuè Impellizzeri)

© Riproduzione riservata

2 pensieri su “Fargetta – The Music Is Movin’ (Marton & Media)

Lascia un commento